Pagina:Ojetti - Mio figlio ferroviere.djvu/109

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più delicata, tirandosi il gonnellino più su del ginocchio e scoprendo fino in cima le sue calze di seta, si chinò sulla tomba e ammonì: — Non sgocciolate di cera le scarpe gialle. Le rovinate tutte. E quello da dentro: — Più su. — Che cosa? — La gonnella. Più su! E lui rideva, in tomba. E quella bionda con una gran chioma ravviata a turbante secondo la moda, rideva sgambettando via e dimenticandosi di lasciar ricadere la gonnella. Mi tornò in mente la risata del deputato quella sera in casa mia. Bastonate, sì, revolverate, imprecazioni e fischii. Ma in fondo, quando si poteva, tutti, da Nestore alla sartina, la volevano fare allegramente la rivoluzione, e volevano che i borghesi si ritrovassero nudi nudi ridendo della burla a vedersi così buffi, senza nemmeno la camicia, nel bel mezzo della strada. Una gran burla, da ragazzi in vacanza. Un po’ crudeli come tutti i ragazzi; ma ragazzi. Leggeroni, spensierati, capiscarichi, questi italiani, cioè, purtroppo, questi ragazzi: con la convinzione che al momento buono interverranno i genitori. Chi? Magari Lenin col pelliccione d’astracan. Evviva Lenin! “Bono taliano”: un ragazzo. Il fatto si è che alla Camera del Lavoro erano giunti la mattina prestissimo quelli di Fiori a descrivere i saccheggi di laggiù, o requisizioni