Pagina:Ojetti - Mio figlio ferroviere.djvu/23

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Al mio unico lettore che ancòra ha da nascere 11

chiavi e la scritta della Somma Pontificia Università della Sapienza; estratto il quaderno di spessa carta palomba cucito di seta verde; sfogliate le due prime pagine che ripetevano l’obbligo del segreto per cinquant’anni e il titolo: Fauna del Lazio da me studiata sul vivo, monsignor Manassei in piedi, asciugatesi le labbra con una pezzuola di batista, cominciò la lettura: “Roma, 1860. Homo sapiens, nessuno. Sua Santità papa Pio nono, la marmotta, arctomys marmota. Sua Eminenza il cardinale Antonelli, la faina, mustela foina„. Lettura cominciata e finita. Tutti eravamo balzati in piedi: Monsignore, col volto per l’ira chiazzato di rosso e di bianco, s’era strappato gli occhiali dal naso, quasi illudendosi che così nessun altro avrebbe potuto più vederci e leggere; noi, allegri e incuriositi, con le mani tese al manoscritto prezioso che Monsignore ci contendeva. Potemmo leggerne a strappi altre poche righe: “Sua Eminenza, il cardinale Altieri arcicancelliere dell’Università, il becco, capra hircus. Sua Eminenza il cardinale Barberini, l’asino, equus asinus„. V’era tutto il Sacro Collegio, tutta la Corte Pontificia, la Sacra Rota, l’Università. L’illustre zoologo, con l’esperienza che gli veniva dai suoi cari studii, aveva scelto e donato a ciascun personaggio romano di quelli anni, anch’essi, come si suol dire, fatidici, il suo corrispondente morale e anche fisico tra gli animali chiamati irragionevoli.

Quell’elenco scritto (come ebbe ad osservare l’assessore all’istruzione) da un defunto: aperto con tanta solennità davanti ai rappresentanti