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L'AJA. 161

Mi parve strano quell’uso di lasciar entrare gli stranieri nel palazzo nel momento stesso che la Regina ne usciva; ma non mi fece più specie quando conobbi altre consuetudini, altri tratti popolari, il carattere, in una parola, della famiglia reale d’Olanda.

Il re, in Olanda, è considerato quasi più come statoldero che come re. V'è in lui, come diceva del duca d’Aosta quel tal repubblicano spagnuolo, la minor quantità di re possibile. Il sentimento che il popolo olandese nutre per la famiglia reale non è tanto di devozione per la famiglia del monarca quanto di affetto per quella casa d’Orange che partecipò a tutti i suoi trionfi e a tutte le sue sventure, che visse, per così dire, della sua vita per lo spazio di tre secoli. Il paese, in fondo, è repubblicano, e la sua monarchia è una sorta di presidenza coronata, senza alcun fasto monarchico. Il Re pronunzia dei discorsi ai banchetti e nelle feste pubbliche come da noi i ministri; e gode anzi la fama di oratore, poichè parla all’improvviso, con una voce potentissima e un certo impeto d’eloquenza soldatesca, che eccita un indicibile entusiasmo nel popolo. Il principe ereditario, Guglielmo d’Orange, studiò all’Università di Leida, sostenne esami pubblici e prese la laurea d’avvocato. Il principe Alessandro, secondogenito, sta studiando ora nella stessa Università, è membro del Club degli studenti, e invita a pranzo i suoi professori e i suoi compagni di scuola. All’Aja, il principe Guglielmo entra nei caffè, discorre coi vicini, s’accompagna per la strada