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L'AJA. | 229 |
di elemosina dalle classi agiate alle classi bisognose.
Non è a dirsi con questo che il popolo olandese non abbia difetti, perchè ne ha, se gli si deve recare a difetto la mancanza di quelle qualità che dovrebbero essere come lo splendore e la gentilezza delle sue virtù. Si potrebbe trovare nella sua fermezza qualcosa di cocciuto, nella sua probità qualcosa di gretto, nella sua freddezza l’assenza di quella spontaneità di sentimento senza la quale pare che non possa esservi affetto, generosità, grandezza d’animo vera. Ma quanto meglio s’impara a conoscerlo, più si esita a pronunziare quei giudizii, e più si sente crescere per esso il sentimento del rispetto e della simpatia. Il Voltaire ha potuto dire, partendo dall’Olanda, quel motto famoso: — Adieu canaux, canards, canaille; — ma quando dovette giudicar l’Olanda sul serio, si ricordò di non aver trovato nella sua città capitale «nè un ozioso, nè un povero, nè un dissipato, nè un insolente» e di aver visto per tutto «il lavoro e la modestia.» Luigi Napoleone proclamava che in nessun popolo d’Europa era innato come nell'olandese il buon senso e il sentimento della giustizia e della ragione; il Descartes gli faceva il più grande elogio che possa fare un filosofo ad un popolo, dicendo che in nessun paese si gode d’una più grande libertà che in mezzo agli Olandesi; Carlo V, la più bella lode che possa dare ad un popolo un Sovrano, dicendo che sono «ottimi sudditi; ma pessimi schiavi.» Un inglese