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rotterdam. 75

piedi fuori del letto. Un olandese, scriveva il Diderot, è un lambicco vivente; e pare infatti che il fumare sia per lui quasi una funzione necessaria della vita. Molti dissero che tutto questo fumo gli annebbia l’intelligenza. Eppure se v’è un popolo, come osserva giustamente l’Esquiroz, che abbia un’intelligenza netta e precisa al più alto grado, è il popolo olandese. D’altra parte in Olanda, il sigaro non è scusa all’ozio, nè si fuma per sognare da svegli; ognuno fa i fatti suoi cacciando fuori dei nuvoletti bianchi dalla bocca, regolarmente, come il tubo di un fornello d’officina, e il sigaro, invece d’essere una distrazione, è uno stimolo e un aiuto al lavoro. Il fumo, mi disse un olandese, è il nostro secondo fiato; e un altro mi definì il sigaro: il sesto dito della mano.

Qui, a proposito di tabacco, vorrei raccontare la vita e la morte d’un famoso fumatore olandese; ma temo un po’ le scrollate di spalla de’ miei amici olandesi, i quali mi raccontarono quella vita e quella morte, lamentandosi appunto che gli stranieri, che scrivon dell’Olanda, lascin da parte delle cose importanti ed onorevoli per il paese, per occuparsi di corbellerie di quella natura.

Ma tant’è, mi pare una corbelleria così nuova che non posso tenermela nella penna.

V’era dunque una volta un ricco signore dei dintorni dì Rotterdam, il quale si chiamava Van Klaës, ed era soprannominato papà gran pipa, per-