Pagina:Omero - L'Odissea (Romagnoli) I.djvu/49

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L PREFAZIONE


E lindi, giusti, concordi, operosi, leali. E le donne, casalinghe e vereconde.

Soverchiati e messi in fuga dalla marea ciclopica, i Feaci si rifugiarono in un’isola, all’estremità dei mari, dove non potevano raggiungerli i Ciclopi, non ancora esperti della navigazione. E il Mediterraneo è allora sconvolto in mille modi, le grandi civiltà che lo signoreggiano vengono ad un cozzo mortale, la guerra di Troia. Tutto il mondo arde in guerra, il grande albero della civiltà egèa, di cui forse i Feaci erano un ramicello, deve crollare abbattuto. Nascosta nell’angolo piú remoto dei mari, dove non giungeva il tumulto delle stragi, l’isola Scheria, conservata come per meraviglioso prodigio, brilla come un’oasi di felicità. Di qui ebbe forse origine la leggenda dell’isola dei Beati.

Ed ecco il popolo anche piú misterioso dei Cimmeri. Questo, se altro mai, ci sembrava interamente fantastico, fiore strano, senza nettario, germogliato senza radici. Ed ecco, invece, questo popolo esiste. Non dobbiamo allinearlo con le favole, ma con la storia di tanti altri popoli misteriosi che Erodoto vide e descrisse.

Ed ecco, finalmente, le immagini di un’età piú vicina ad Omero, l’età di Agamènnone, di Achille, d’Ulisse; le cui vestigia si potevano ancora osservare ai tempi del poeta.

E qui la pittura diviene infatti piú precisa, piú evidente, piú imperativa. I re, le regine, i principi, gli avventurieri, il popolo delle città, i pitocchi, i marinai, i pirati, i profughi, e corti, le assemblee, le battaglie, le liti, tutto appare nelle prodigiose pitture per cui Omero fu salutato, fin dai suoi giorni, e poi sempre nei secoli, poeta dei poeti. E qui non