Pagina:Omero - L'Odissea (Romagnoli) II.djvu/37

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34 ODISSEA

380ed in estate, disse, tornato sarebbe o in autunno,
coi suoi compagni forti, recando gran copia di beni.
Misero vecchio, ma tu, perché t’ha qui un demone addotto,
non compiacermi con false parole, non farmi lusinga;
ché io non già per questo t’avrò né riguardo né amore,
385ma per pietà di te, per rispetto di Giove ospitale».
     E a lui cosí rispose l’accorto pensiero d’Ulisse:
«Davvero, un cuore alberghi nel seno che troppo diffida,
quando neppur giurando potuto ho far sí che mi creda.
E allora, dunque, adesso stringiam questo patto; e ad entrambi
390sian testimoni i Numi del Cielo, signori d’Olimpo.
Se un giorno il signor tuo vedrai ritornare alla patria,
mettimi indosso, ch’io mi vesta, una tunica o un manto,
e mandami a Dulichio, dov’io sempre agogno tornare.
Se poi non giunge, come t’ho detto, il tuo sire, ai famigli
395ordine imparti che giú mi scaglin da un erto macigno,
perché qualche altro pitocco si astenga dal tesser menzogne».
     E a lui queste parole dicesti, fedele porcaro:
«Ospite, allora sí, che godrei presso tutte le genti
onore e buona fama, sin d’ora, e nei giorni venturi,
400se, dopo averti qui condotto, e come ospite accolto,
porti dovessi a morte, privarti dell’anima cara! —
Ma l’ora ecco del pasto. Giungessero presto i compagni,
che preparare presto si possa la cena gustosa! — »
     L’uno con l’altro cosí scambiavano queste parole.
405Ed ecco, alla capanna tornarono porci e porcari.
Chiusero dentro le stalle le bestie per farle dormire;
e lo stridio si levò senza tregua dei porci rinchiusi.
E allora, ai suoi compagni si volse il fedele porcaro:
«Portatemi il piú grasso dei porci: ch’io voglio immolarlo