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Pagina:Omero - L'Odissea (Romagnoli) II.djvu/57

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54 ODISSEA

380forse espugnata fu la bella città popolosa
dove abitava tuo padre insiem con la madre pudica?
Oppur, mentre soletto guardavi le pecore e i bovi,
te su le navi infesti ladroni rapirono, e servo
vendettero a quest’uomo, che acconcio compenso ne diede?»
     385Ed il capoccia porcaro rispose con queste parole:
«O forestiere, giacché tu investighi questo e dimandi,
porgimi ascolto senza parlare, bevendo tranquillo.
Lunghe infinite sono le notti: c’è tempo pel sonno,
c’è tempo per godere racconti. Né a te pria del tempo
390conviene ire al riposo; ch’è noia anche il sonno soverchio.
Voialtri, poi, chi ha desiderio e vaghezza di sonno,
esca, e vada al riposo; e come dimani sia l’alba,
dopo l’asciolvere, guidi pei campi le mandre dei porci:
noi due, nella capanna, bevendo e partendo le carni,
395godremo, l’uno all’altro narrando i cordogli ed i lutti;
giacché l’uomo s’allegra sinanche al ricordo dei mali,
chi molto abbia patito, lunghi anni abbia errato pel mondo.
Or tutto io ti dirò ciò che vuoi sapere e mi chiedi.
Tu forse udito avrai parlare dell’isola Siria,
400posta al disopra d’Ortigia, dove il sole compie il suo corso.
Molto abitata non è; ma pure offre buona dimora,
ricca di fonti e di greggi, ferace di vino e di biade.
Mai carestia non v’opprime le genti, né alcuno s’aggira
mai sui mortali grami degli altri odïosi malanni;
405ma quando nella sua città giunge ognuno a vecchiaia,
Apollo vibra, vibra Artemide l’arco d’argento,
e con le frecce sue, che non dolgono, morte gl’infligge.
Quivi son due città: ciascheduna con ordini propri;
e un re, ch’era mio padre, reggeva d’entrambe lo scettro,