Pagina:Omero - L'Odissea (Romagnoli) II.djvu/89

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86 ODISSEA

80io preferisco che tu li goda, e nessuno di quelli.
Se invece io seminare per essi la strage e la morte
potrò nella mia casa, tu dammeli; ed io sarò lieto».
     Detto cosí, verso casa guidò Teoclimeno gramo.
E poi ch’entro le mura saldissime furono giunti,
85qui, sopra i seggi e i troni, deposero i loro mantelli.
Poi ne le lucide vasche tuffatisi, fecero il bagno.
E come li ebber qui lavati, unti d’olio, le ancelle
cinsero a lor la persona di tuniche e manti villosi.
Dal bagno usciron quindi, si poser sui troni a sedere;
90ed un’ancella venne, che l’acqua recò per le mani
entro una brocca d’oro, sovresso un lebete d’argento;
e innanzi ad ambedue poi stese una lucida mensa.
La dispensiera attenta, poi giunse, recando del pane;
e cibi molti, di quelli che c’erano, prodiga aggiunse.
95E in faccia a lui sede’ la madre, vicino a un pilastro,
in un gran seggio, torcendo pennecchi di morbida lana.
Poi, sopra i cibi imbanditi gittarono tutti le mani;
e quando ebber placata la brama del cibo e del vino,
tali parole al figlio rivolse Penèlope scaltra:
     100«All’alte stanze mie, Telemaco, adesso risalgo:
lí coricar mi voglio nel letto, che letto è d’affanno
per me, che sempre beve l’amaro mio pianto, dal giorno
che Ulisse ad Ilio mosse, seguendo gli Atridi. Né ancora
tu m’hai voluto, avanti che arrivino i Proci, dir chiaro
105se tornerà tuo padre, se alcuna notizia ne udisti».
     E a lei queste parole rispose Telemaco scaltro:
«O madre, e dunque il vero ti dico. Alla volta di Pilo
in cerca del Nelíde pastore di genti salpammo.
Ed egli ne l’eccelse sue case m’accolse: m’accolse