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74-102 A DEMETRA 109

Cosí diceva; e il Sole rispose con queste parole:
«Dèmetra, figlia di Rea chioma fulgida, tutto saprai:
ché assai t'onoro, e assai mi duole vederti crucciata
per la tua figlia bella da l’agil malleolo. Nessuno
dei Numi colpa n’ha, se non Giove signore dei nembi:
ad Ade, al suo germano, la diede, ché fosse sua sposa;
e questi la rapí sui suoi corridori, l’addusse,
che strida alte levava, per nebbie, per tramiti d’ombra.
Dèmetra, adesso, però, poni tregua a questi ululi grandi.
Serbar tanta ira vana nell’animo a te non conviene:
genero vile Edonèo famoso non è fra i Celesti:
è tuo fratello, è nato d’un sangue con te: sommo onore
ottenne, allor che fu diviso il dominio in tre parti:
con quelli di cui re lo fece la sorte, soggiorna».
Disse, ai cavalli die’ voce: con impeto quelli al suo grido
trassero il carro veloce, con furia di rapidi augelli.

     E cruccio più mordace, più fiero struggeva la Dea;
e irata contro il figlio di Crono signore dei nembi,
lungi vagò dal consesso dei Numi e dai picchi d’Olimpo,
per le città degli umani, pei fertili campi, l’aspetto
suo nascondendo a lungo; né alcuno conoscerla seppe
che la vedesse allora, né uomo, né donna elegante,
sinché giunta alla casa non fu dell’accorto Celèo,
ch’era in quel tempo sovrano d’Elèusi fragrante d’incensi.
Lungo la via sede’, col cuore serrato d’angoscia,
presso la fonte Partenia, d’onde acqua attingevan le genti,
all’ombra — e sopra lei cresceva un arbusto d’ulivo — ,
simile a vecchia oppressa dagli anni, ed esclusa dai parti,
esclusa dalle gioie di Cípride amica dei serti,