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Pagina:Omero minore.djvu/148

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INNI MINORI 145


AD AFRODITE

     La veneranda, la bella dall’aureo serto, Afrodite
io canterò, che tutte le cime di Cipro marina
protegge, ove la furia di Zefiro ch’umido spira
la trasportò, sui flutti del mare ch’eterno risuona,
sopra la morbida spuma. L’accolser con animo lieto
l’Ore dai veli d’oro, le cinsero vesti immortali:
la fronte sua divina velaron d’un aureo serto,
bello, d’egregia fattura: nei lobi forati, alle orecchie
un fior, nell’oricalco foggiato, e nell’oro fulgente:
d’intorno al sen, che argento sembrava, ed al morbido collo,
monili tutti d’oro poi cinsero, quali esse stesse
l’Ore dai veli d’oro si cingono, allor che a le danze
muovono dilettose dei Numi, e alla casa del padre.
Or, poi che l’ebbero tutte le membra adornate, ai Celesti
l’addussero; e i Celesti ben lieti l’accolsero, e ognuno
la man le porse, ognuno chiedeva legittima sposa
condurla in casa propria: tal fu lo stupore di tutti,
vedendo Citerèa, che cinto ha di mammole il crine.

     Salve, o più dolce del miele, dagli occhi brillanti: concedi
che in questo agone io m’abbia vittoria; ed onora il mio canto.
Io mi ricorderò d’esaltarti in un’altra canzone.

Omero minore - 10.