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POESIE MINORI 187


sue fatiche, manteneva sé stessa e il bambinetto; e, per quanto poteva, provvedeva a dargli una educazione».

Ora, a quei tempi, viveva in Smirne un certo Femio, che insegnava ai ragazzi l’alfabeto, la musica e ogni altra disciplina; e i ragazzi lo compensavano, almeno in parte, in natura, portandogli della lana greggia, che Femio faceva poi filare dai suoi servi. Femio assunse al suo servigio anche Cretèide. E tanto glie ne piacquero il garbo e il senno, che la indusse a convivere seco, facendole specialmente considerare quanto potrebbe avvantaggiarsi dei suoi insegnamenti il fanciulletto Malesígene, che già dimostrava in ogni modo la sua intelligenza e le sue bellissime disposizioni artistiche.

Cretèide acconsenti; e il bambino superò in breve tutti i suoi coetanei, anzi uguagliò il maestro. E presto divenne oggetto d’ammirazione, non solo per gli Smirnioti, bensì per tutti i forestieri che capitavano nel loro porto, frequentatissimo emporio del mondo antico: sicché, appena sbrigati i loro affari, andavano a sedere alla scuola di Melesígene, e rimanevano ad ascoltare estatici il giovine prodigioso maestro.

Tra questi forestieri, c’era un padrone di nave, un certo Mente, che veniva da Leucade per acquisti di grano, uomo educato, e, per quanto consentivano i tempi, molto istruito. Costui dimostrò a Melesígene quanto gli sarebbe riuscito utile viaggiare e conoscere direttamente paesi ed uomini, finché era giovine. E Omero «si lasciò convincere specialmente da questa ragione; perché sin d’allora disegnava di dedicarsi alla poesia». E lo seguí sulla nave.

Eccolo dunque in giro pel mondo. E dovunque giungesse, osservava tutte le singolarità del paese, interrogava, s’informava;