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POESIE MINORI 207

Vuole il caso che l’esperimento sia stato già fatto, e in condizioni tali da escludere ogni sospetto di «tendenza».

Fra le sue «Vite di grandi uomini», che costituiscono una delle parti meno note ma anche piú attraenti della sua immensa attività poetica, il Lamartine ne ha scritta anche una di Omero. E si è attenuto, punto per punto, alla nostra vita, stralciandone i luoghi grotteschi, mettendo nella giusta luce quelli che tali sembrano per una meno felice collocazione, colmando le ovvie lacune, traendo o sviluppando le considerazioni appena accennate o taciute, e, innanzitutto, dando il debito rilievo ai punti profondi o teneri, o comunque poetici, assai piú frequenti che non possa sembrare ad una prima lettura. E ne è risultato un racconto verisimile, commovente e poetico. Il Lamartine stesso, ne rileva piú volte, con animo commosso, la convenienza con la gran figura del poeta, quale si può intravvedere dalle sue opere. «Ecco — dice egli concludendo — la storia d’Omero. È semplice come la Natura, triste come la vita. Si riassume tutta nel dolore e nel canto. È, in genere, il destino dei poeti. Se non sono torturate, le fibre non rendono suono altro che fioco. La poesia è un grido; e nessuno può lanciarlo pienamente sonoro, se non è stato colpito al cuore».

— E le conclusioni?

— Mi guarderei bene, in tanta oscurità, di volerne offrire alcuna troppo precisa. Voglio invece riferire ancora alcune parole del Lamartine.

«Le tradizioni, per quanto meravigliose, sono pur sempre l'erudizione dei popoli; e noi crediamo piú ad esse che non ai dotti, i quali vengono, dopo tanti secoli, a contestarle o a smentirle. Finché non esistono libri scritti, la memoria della nazione è il libro inedito della loro stirpe. Ciò che il padre ha