Pagina:Omero minore.djvu/81

Da Wikisource.
78 INNI OMERICI 447-476

simile a quello che adesso, di Maia figliuolo, tu intoni.
Come soavemente la cétera suoni! Io stupisco.
Ed or, poiché, sebbene sei pargolo, è grande il tuo senno,
siedi, mio caro; e ciò che i piú vecchi ti dicono, approva:
perché grande sarà la tua fama fra i Numi immortali,
per te, per la tua madre: sicuro presagio io ne faccio.
Per questo giavellotto di cornio io lo giuro, alla gloria,
alla felicità vo’ condurti fra i Numi d’Olimpo,
bei doni ti darò, senza tenderti frode veruna.
     E a lui rispose Ermète con queste parole sagaci:
«Scaltro tu chiedi, o Nume che lungi saetti; e se l’arte
vuoi praticare ch’io rinvenni, non io te l’invidio.
Oggi l’apprenderai: di consigli voglio esserti largo
e di precetti. Ma d’ogni scïenza da te sei maestro.
Al primo posto, o figlio di Giove, fra i Numi tu siedi,
bello e possente: a Giove dal senno profondo sei caro,
perché santo sei tu, ne avesti presenti ed onori
fulgidi: tu dalla voce di Giove, Signore dell’arco,
primo conosci i presagi, che tutti provengon da Giove.
Per questo, io te Signore di tutti i presagi saluto.
Ed or, poiché la brama di citareggiare t’infiamma,
suona la cétera, canta, la mente rivolgi alla danza,
l’arte ricevi da me: tu concedimi invece la gloria.
Canta, su dunque, prendi l’amica dal garrulo suono
che tanto bene sa, con tal grazia ogni cosa narrare,
recala a cuor sicuro dov’è l’allegria dei banchetti,
dove l’amabile danza, dov’errano gli ebbri a sollazzo,
del giorno e della notte compagna gioconda. Chiunque
interrogare esperto la sa con ingegno e con arte,
ella risposte dà d’ogni specie, che appagano il cuore,