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L'inno ad Afrodite non presenta quasi nessuna difficoltà. Semplice e diritto nella linea generale, sobrio e perspicuo nei particolari, offre subito l’impressione d’un organismo integro e perfetto; e non richiede veruna esegesi.

Ma si sa bene che i miseri mortali, quando non patiscono vere malattie, se ne procurano qualcuna immaginaria. E, analogamente, i filologi, anche quando sono immortali, se non si trovano sotto mano veri problemi, trovano modo di fabbricarsene qualcuno artificiale. E cosí, a proposito del nostro inno, impegnarono la discussione se l’Afrodite qui glorificata fosse la Pandemia o vulgivaga, o non piuttosto la celeste. Passiamo oltre.

Maggiore considerazione merita il rilievo del Baumeister, che questa Afrodite, al cui arrivo tutte le fiere si umiliano devote, per poi rimpiattarsi, e unirsi d’amore, fa pensare alla Rea di Frigia. Siamo in piena mitologia orientale. Onde il Baumeister conclude che quest’inno dove essere composto nel tempo in cui il culto della Magna Madre prevalse anche fra i