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del chiabrera 107

Ivi movea le piante
     Per quella via, che strana
     75A scampo di lel nacque:
     Che fece allor l’amante?
     Tornossi alla fontana
     A dar le solite acque?
     Ah! che tanto gli piacque
     80La vista onde infiammossi,
     Che seco innabissossi.
Corte, non pure il core
     Di torrenti silvestri
     Ad ardere s’avvezza,
     85Ma s’infiamma d’amore
     Qual per li boschi alpestri
     Pianta tien più durezza:
     Giovinetta bellezza
     È di cotanta fama,
     90Che ogni cosa la brama.

III

alla medesima.

Fra le Ninfe de’ fonti,
     Che bagnano nell’onde
     Il puro piè d’argento;
     Fra le Ninfe de’ monti,
     5Che cingono di fronde
     Le chiome sparse al vento,
     Lodar beltà nou sento,
     Che in alcun pregio saglia
     Se a Siringa si agguaglia.
10Sue labbra eran rubini,
     La fronte un ciel sereno,
     La guancia alme vïole;
     Vincea l’oro co’ crini,
     E l’avorio col seno,
     15E co’ begli occhi il Sole:
     Aveva atti e parole,
     Onde sempre feriva,
     Onde sempre addolciva.
Tal cinta in aurea veste
     20Dal crin veli dorati
     All’aura ella scioglica;
     E per l’ampie foreste,
     Nobili archi lunati,
     Leggiadra ella tendea;
     25Nè correndo imprimea
     Neve co’ piè di neve;
     Sì fu rapida e lieve.
De’ suoi cotanti onori
     Le boscherecce schiere
     30Tanto eran use a dire,
     Che Pan Dio de’ Pastori
     S’invoglio di vedere,
     Preso omai per udire:
     E l’ardere e ’l perire
     35Non furo in lai più tardi,
     Che il primier de’ suoi guardi.
Quinci, se il dì sorgeva,
     Solo ne i boschi ombrosi
     Siringa ei vagheggiava;
     40Quinci, se il dì cadeva,
     Solo negli antri ascosi
     Di Siringa ei pensava:
     Or quando ei sì l’amava,
     Tentò scaldarle il core
     45Con preghiera d’Amore.
Un giorno armava l’arco
     Dietro un folto cipresso
     Lungo un lucido rio,
     Orso attendeva al varco,
     50Che ivi ne venía spesso
     Dal suo speco natio:
     L’innamorato Dio
     Pallido ne i sembianti
     A lei si fece avanti,
55E disse: O giovinetta,
     Ricca di tal bellezza,
     Qual non apparse mai,
     Scompagnata e soletta,
     Tutta tua giovinezza
     60Non dèi menar, ben sai:
     Ma se forse oggimai
     Ad amar ti disponi,
     Ascolta mie ragioni.
Volea dir come ei nacque,
     65Quanta avea Signoria,
     E sua dolente vita;
     Ma qual delfin per l’acque,
     Saltando ella sen gía
     Per la piaggia fiorita:
     70Ei, come Amor l’invita,
     Dietro le va veloce,
     E grida ad alta voce:
Deh! perchè si paventi,
     Perchè a fuggir t’affretti,
     75Ah Ninfa! un che t’adora?
     Ma non eran possenti
     I fervidi suoi detti
     A farle far dimora,
     Ninfa, ei giungeva allora,
     80Ninfa, odi il pregar mio:
     Mira, che fuggi un Dio.
Ella mette le penne,
     E lascia da lontano
     L’amante molte miglia:
     85Che poscia al fine avvenne?
     Avvenne caso strano,
     Ed alma meraviglia;
     Che si fecer le ciglia,
     E la guancia amorosa
     90Vil canna paludosa.
Ben mi so, che Elicona
     Favoleggia cantando,
     Perchè a lui più s’attenda;
     Pur colà si ragiona
     95Cotal favoleggiando,
     Perchè senno s’apprenda.
     Corte, ciò ch’egli intenda
     Per si fatto accidente,
     Il ti vo’ dir; pon mente:
100Non è bellezza degna
     Di così nobil vanto
     Fra le beltà più vere,
     Ch’ella vil non divegna;
     Poichè ha spiegato alquanto
     105Le penne sue leggiere:
     Sciocche donzelle altiere,
     Che può valer ventura,
     Che picciol tempo dura?