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del chiabrera 109

     Quando io volgendo il piè forte temea
     20Risco d’innamorarmi:
     Folle avvalorati,
     Nè ti porga timor nome d’affanni:
     Ratto innamorati,
     Che paventando invan ricevi inganni.
25Geli, vampe d’ardor, sospiri, pianti,
     Distruggersi, languire,
     Palpitar, venir men, son per gli Amanti
     Fontane di gioire.
     Come ciò facciasi,
     30Non è lingua mortale a dir possente:
     Il creda, e tacciasi
     Un’anima gentil, mentre nol sente.
Qui le labbra chiudea, che a mirar belle
     Saettavano ardore;
     35Ma la schiera Febea son Verginelle,
     Nè mai provaro amore:
     Ah, che vien cenere
     Penando un Amator, benchè fedele!
     Così vuol Venere
     40Nata nell’Oceán, Nume crudele,

IV

A D. LORENZO FABBRI

Della possanza d’Amore.

Febo nell’onde ascoso
     Non girava anco il freno
     Su per lo ciel sereno
     Al carro luminoso,
     5Ed io sorgea pensoso
     Di far cantando onore
     A giovane cortese,
     Che tutto il cor m’accese,
     Fabbri, d’illustre ardore.
10Quando ecco a me davanti
     In ammirabil veste
     Urania la Celeste,
     Maestra di bei canti.
     E disse: in van ti vanti
     15Di così bel desio,
     Fedel, se cantar déi
     Cauto degno di lei,
     Racconta il cantar mio.
Indi recossi al petto
     20Fuor di dorata spoglia
     La lira, onde a sua voglia
     Empie il ciel di diletto;
     Arco d’avorio schietto,
     D’ambra guernito e d’oro,
     25Alme corde d’argento,
     Mirabile ornamento
     D’ammirabil lavoro.
Poscia per varia via
     Con bella man di neve,
     30Tutta leggiadra, lieve
     Facea dolce armonía;
     Nè per l’aria s’udía
     Picciolo suon d’auretta,
     Nè mormorava fronda,
     35Nè pur mormorava onda
     In sulla fresca erbetta.
Ed ella a dir prendea
     Con note alte e leggiadre,
     Come già contro il Padre
     40Saturno s’accingea;
     E della falce rea
     La piaga aspra e sanguigna,
     Quando nel sen dell’acque
     In un momento nacque
     45La beltà di Ciprigna.
Allor per meraviglia
     Delle bellezze care
     La reina del mare
     Fissava ambe le ciglia,
     50E l’umida famiglia
     Del gran Padre Oceáno,
     Popoli notatori,
     Quei nobili splendori
     Mirava da lontano.
55Ma la Donzella, uscita
     Dalle spume marine,
     Tergeva il biondo crine
     Con le candide dita;
     E subito salita
     60In su conca leggiera,
     Immantinente corse
     Dall’onde, ond’ella sorse,
     A’ lidi di Citera.
Colà rote gemmate
     65A’ cenni suoi fur preste,
     Che di candor celeste
     Splendeano illuminate.
     Al carro eran legate
     Semplici colombelle;
     70Ed ella con quell’ali
     Per sentieri immortali
     Si condusse alle stelle.
Tal sonando la Diva
     Dicea soavemente;
     75Indi pur dolcemente
     Di raccontar seguiva,
     Che non prima appariva
     De i Celesti al cospetto
     La novella bellezza,
     80Che ogni Dio di dolcezza
     Tutto colmava il petto:
E che per lei servire
     Sorsero spirti eterni;
     Ciò fur pregiati scherni,
     85Ed amicissime ire,
     Riso, pianto, martire,
     Che per caldo e per gelo
     Sempre le stanno intorno:
     E che per suo soggiorno
     90S’elesse il terzo cielo.
Quindi in bel seggio ascesa
     D’aspro incendio giocondo
     Arde il Cielo, arde il Mondo,
     E più dove ha contesa:
     95Oh dalla fiamma accesa,
     Oh da’ dardi cocenti,
     Oh Dio chi mi difende?
     Almen s’ella m’incende,
     Almen non mi tormenti.