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Pagina:Opere (Chiabrera).djvu/133

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120 poesie

     Col nome tuo s’invii,
     O fin de’ miei disii.

XXXI

Languisce senza la sua Diva.

Girate, occhi, girate
     A’ miei, che tanto pregano,
     Gli sguardi, che non piegano
     Giammai verso pietate;
     5Che se da lor si tolgono,
     Occhi, a ragion si dolgono.
In sul mattin d’Aprile,
     Quando i nembi tranquillano,
     Fresche rose sfavillano
     10D’un vermiglio gentile,
     E così dolce odorano,
     Che Zefiro innamorano.
Vergini peregrine,
     Come lor s’avvicinano,
     15Così liete destinano
     Farne corona al crine;
     Al crine, onde incatenano
     I cor, che a morte menano.
Ma se nembi frementi
     20Il puro cielo oscurano,
     Ed alle rose furano
     Le fresche aure lucenti;
     Le rose impallidiscono,
     E per poco periscono.
25Questi fiori odorosi,
     Che senza Sol non vivono,
     Il mio stato descrivono,
     O begli occhi amorosi:
     Che miei spirti si struggono,
     30Se vostri rai gli fuggono.

XXXII

Duolsi.

In più modi
     Vostre lodi
     Già commisi alla mia lira;
     V’ho pregiati,
     5V’ho cantati
     Sì, che ogni alma, occhi, v’ammira.
Vaga luce
     Non riluce
     Su nel Cielo in alcun segno,
     10Che al mio canto
     Tanto o quanto
     Non si turbi di disdegno.
Turba ancora
     L’alma Aurora,
     15Occhi, il suon di mie parole:
     Che dico io?
     Al dir mio,
     Occhi, ancor si turba il Sole.
In tai modi
     20Vostre lodi
     Già commisi alla mia lira;
     Nè mai spento,
     Un momento,
     Vidi in voi l’orgoglio e l’ira.
25E pur spesso
     Tanto oppresso
     Da dolor vi fui davanti,
     Che ’l terreno,
     Non che ’l seno,
     30S’inondava di miei pianti.
Tra sospiri,
     Tra martíri
     Si chiedei qualche conforto;
     Che infiammato,
     35Che gelato,
     Che fui morto, e più che morto.
Senti, senti
     Miei tormenti,
     Senti omai gli affanni miei.
     40Mostra Amore
     Tuo rigore
     All’asprezza di costei.
Fa rugoso,
     Tenebroso
     45Quel suo volto impallidirsi.
     Deh, che parlo?
     A che farlo?
     Ella ancor potria pentirsi.

XXXIII

Fedeltà d’Amore.

Fra mortali alma beltà
     Co’ suoi rai tanto s’avanza,
     Che nudrendo in noi speranza,
     Cangia nome a crudeltà.
     5Disconforti,
     Aspri torti,
     Dure morti
     Amator chiama pietà.
Quinci avvien, che se per me
     10Volge scuro un vostro sguardo,
     Nelle fiamme, ove tutt’ardo,
     Non mi pento di mia fè.
     Affliggete,
     Trafiggete,
     15Ancidete,
     Stelle mie, tutto è mercé.
Stiansi in mare, ed ogni or più
     Faccian voti i naviganti
     Anelanti, palpitanti,
     20Per le gemme di Perù.
     Tutto l’oro
     Sia con loro.
     Mio tesoro,
     Filli mia, sola sei tu.

XXXIV

Dissuade l’amare.

Già per l’Arcadia
     La figlia d’Inaco
     Alto succinsesi,
     E lasciò spargere