Pagina:Opere (Chiabrera).djvu/162

Da Wikisource.

del chiabrera 149

XXVIII

Alla sua Donna.

Bella in mar Galatea,
     Bella nell’aria Clori,
     Bella in ciel Citerea,
     Ma tu, che m’innamori,
     Del fior della beltate
     Oggi la terra onori:
     Quinci fredde e gelate
     Marte, Favonio ed Aci
     Lascian le Dive amate
     A sospirare i dolci amori, e i baci.

XXIX

Amante brutto.

Su questo scolorito
     Languido volto amar non puoi bellezza,
     Ama fede, ama amore, ama fermezza
     In questo cor ferito.
     Non è d’Amor più degno
     D’una fiorita guancia un cor fedele?
     Ma tu pur sempre l’amorose vele
     Spieghi all’usato segno.
     Ahi! non vedrò mai il dì, che a me le giri,
     Mosse dal vento di tanti sospiri?


SONETTI


I

PER LA SIGNORA GIOVANNA SPINOLA

Mascherata con manti negri alla Spagnuola.

La beltà, che sì forte oggi innamora,
     Celar con arte il vostro cor non speri:
     Che se la chiude orror di manti Iberi,
     4Pur, alto fiammeggiando, ella appar fuora.
Donna, che un tempo sulle rive a Dora
     Col guardo ardeste i più gentil pensieri,
     Ed ora ardete co’ bei lampi alteri
     8Savona mia, che i bei vostr’occhi adora:
Amor, ben cauto in divietar suoi mali,
     Saggio per modo alcun non vi consente
     11Coprir vostre bellezze alme immortali:
Che ciò spegner sarebbe il fuoco ardente,
     Ond’ei s’avanza, e rintuzzar gli strali,
     14Onde l’imperio suo tanto è possente.

II

PER LA MEDESIMA.

Perchè a’ nostri desir voglia rubella
     Le guance copre, e tutto adombra il seno,
     Qual tenebrosa nube in ciel sereno
     4Talora involve l’Acidalia stella?
Forse, come depone arco, e quadrella
     Guerrier, poichè il nemico a lui vien meno.
     Tal d’ogni cor trionfatrice appieno,
     8Si ti disarmi, e te ne vai men bella?
Deh sgombra di quel manto i crin lucenti,
     E gli ostri, che sul volto Amore ha tinti,
     11E le due de’ rubin labbra ridenti;
E gli occhi, che del Sole in prova estinti,
     Han, dolce folgorando, i raggi ardenti,
     14Per vincer no,, ma per dar pace a i vinti.

III

PER LA MEDESIMA.

Non è questa colei, che coll’ardore
     Delle due ciglia ogni mortale accende?
     Che colla man di neve ogni alma prende?
     4E coll’oro de’ crin lega ogni core?
Ella ogni spirto, ove bramando ei more,
     Pur col sorriso a vera vita rende;
     E pur col labbro, che di minio splende,
     8Versa dolcezza nell’altrui dolore.
Or come in atri veli oggi nasconde
     Il colmo del bel capo, e ’l bianco piede,
     11E sopra i raggi suoi notte diffonde?
Tutto questo ad Amor per me si chiede,
     Forte meravigliando; ed ei risponde:
     14Delle Stelle, e del Sole ella ha mercede.

IV

PER LA SIGNORA AURELIA PAVESE

Che danzava il ballo della Spada.

La ’ve d’alta beltà luce infinita
     Cangiava notte in di sereno e chiaro,
     Di bella spada belle danze armaro
     4Bella Donna, che ognor sfida ogni vita:
Che fu veder l’avorio delle dita
     Vibrare intorno il minaccioso acciaro?
     Ah ch’era il minacciar sì dolce e caro,
     8Che ogni cor si offeriva alla ferita.
Ed ella con sembianze al mondo sole,
     Movea le vaghe piante in varie rote
     11Leggiadramente all’amoroso gioco.
Ed avea sulla fronte i crin del Sole,
     E le rose dell’Alba in sulle gote,
     14E negli occhi d’amor d’Amore il foco.