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174 poesie

XLIX

AL CAVALIERO OTTAVIO LEONI

PITTORE.1

Se al tuo bulin gentile
     Fosse in valor simile
     Oggi la penna mia,
     Ottavio, io ben poria
     5Far gli altri pregi espressi,
     Quando rubi a noi stessi
     Nostre sembianze, e puoi
     Co’ vivi studii tuoi
     Addoppiar nostra vita;
     10Eccellenza infinita
     D’incomparabil mano;
     Ma se oggi io movo in vano,
     Ottavio a celebrarti,
     Chi sa se a consigliarti
     15In vano io movo? Ascolta:
     Ottavio, alcuna volta
     Di vero amico sono
     I consigli un bel dono.
     Omai dell’arsa estate
     20Son le fiamme temprate;
     Ed allegrano il core
     Al buon vendemmiatore
     L’uve ben colorite
     Figliuole della vite:
     25Arrotano coltelli,
     Fan graticci novelli,
     E riveggono i tini
     Lo stuol de’ contadini:
     Qui vaga forosetta
     30Succinta in gonnelletta
     Taglia grappi vinosi;
     Là con guardi focosi
     Sott’occhio la rimira
     Il garzone, e sospira:
     35Or questi a parte a parte
     Diletti in nobil carte,
     O mio leon, distendi;
     E guiderdone attendi
     Da Bacco, a cui son cari.
     40Bacco, fra Numi avari
     Non può soffrir suo nome:
     Ed egli sa ben come
     Noi premïar conviene.
     Ne rïempie le vene
     45Di buon vigor; s’avanza
     Per lui nostra speranza;
     Ei ne fa coraggiosi:
     Negli assalti amorosi
     Per lui portiam corona;
     50A’ gioghi d’Elicona
     I nostri passi ei scorge:
     Dir quanti ben ne porge;
     Fora pigliarsi pena
     Di numerar l’arena.

L

Se nella tua pittura
     Mirasi mia figura,
     Allor subitamente
     Move a gridar la gente:
     5Ecco quel Savonese;
     Così tua man cortese
     Onora mia sembianza;
     E non avrà possanza
     Oltraggio di cent’anni
     10Di trasformarla, o Vanni,
     In qualche parte, onde io
     Vo’ far preghiera a Clio,
     Ch’eterni tua virtute:
     Ma perchè tua salute
     15Ti si conservi intera,
     È da farsi preghiera
     A Bacco: ei per lo verno
     Ti mescerà Falerno,
     Manna Partenopea;
     20O dell’aurea Verdea,
     L’amabile licore
     Animallegratore;
     Poi negli ardor mortali
     De’ giorni Vulcanali
     25Porratti un vaso in mano
     Dell’ambrosia d’Albano.
     Vanni, lungi da loro,
     Che danno a peso d’oro
     Un detto d’Avicenna,
     30Nè san far con la penna,
     Salvo un motto latino,
     Che ti divieta il vino.

LI

Ch’egli è per bere, e non per amare.

Lungo sì puro fiume,
     Ove batte le piume
     Aura d’Euro leggiero,
     Non mi venga in pensiero
     5Fulgor di gran tesoro.
     Mal prenda argento ed oro:
     Mirò forse giammai
     Uomo del Sole i rai,
     Che con ôr si schermisse
     10Sì, che a trovar non gisse
     Le tenebre profonde?
     Dunque presso quest’onde,
     Che con bei laberinti
     Tra Narcisi, e Giacinti
     15Trascorrono il sentiero,
     Che verrammi in pensiero?
     Forse d’una donzella
     In su l’età novella
     Due guancie ben rosate?
     20Mal prenda ogni beltate:

  1. Soprannominato il Padovanino, nato a Roma, e figlio di Luigi, pittore, detto il Padovano dalla sua patria Padova. Fu uno dei più valenti pittori di ritratti.