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del chiabrera 273


A varia parte su tartarei vanni
     Move la peste in varie forme ascosa,
     Ma quel persecutor del gran Giovanni
     Nel regio albergo in Macheronte posa.
     Ivi sveglia l’insidie, ivi gli inganni,
     Ognora a rinfrescar fiamma amorosa
     Nell’arso Erode; e di sua Donna in seno
     304Rinversa di timor strano veneno.

Quando dall’Oceano il di si desta,
     Ed a’ viventi lo splendor comparte,
     Ei lor gli spirti, ed i pensieri infesta
     Per mille guise d’insensibil arte;
     Poi quando Febo i rai dell’aurea testa
     Lava nell’onda, e che dal ciel diparte,
     Con immagini finte ei s’appresenta,
     312E move sogni, ed ambedue tormenta.

Tanto d’acute frodi il fertil petto
     Andò scuotendo, e tanti modi ei tenne,
     Che al desisto e scellerato effetto
     In breve spazio il suo pensier pervenne:
     Tu, che hai negli alti cieli almo ricetto,
     Musa, di’ ciò che fosse, e come avvenne,
     E largamente i gran martir fa noti
     320Del Santo eccelso a’ popoli divoti.

In quella parte, che lasciando l’anno
     Il ghiaccio a tergo Primavera adduce,
     Sorgeva il di, che al Galileo tiranno
     Nacque dell’aurco Sol la prima luce;
     Di ciò veloci messaggier ne vanno,
     Perchè bramoso ogni fedel s’induce
     Alla memoria celebrar giocondo
     328Del dì, che il suo Signor sen venne al mondo.

Quinci per la città giorni festosi
     Gridano bando all’odiose liti,
     E su cetere d’or canti amorosi
     Fanno alle danze giovanili inviti;
     Ne suda falciator su prati erbosi,
     Ne su per colli sfrondator di viti,
     E non fanno mugghiar canne pungenti
     336Sotto aspro giogo gli aratori armenti.

Ma verso Macheronte, ove dimora
     Allor d’Erode la superba altezza,
     Vanno gli altier, cui nobiltate onora,
     O pur nelle cui man splende ricchezza;
     E son dal re, che per letizia allora
     Ciascuno accolto dolcemente apprezza,
     Lor fatte trapassar l’albe e le sere
     344Con varie pompe di gentil piacere.

Or giù per entro il sen d’umide valli
     Predansi belve, or sulle cime alpine,
     Or per l’ampiezza degli aerei calli
     Fa peregrino Astor vaghe rapine;
     Or con vere armi su leggler cavalli
     Dansi battaglie simulate; alfine
     Pongli a’ conviti sotto nobil tetti,
     352Ammirabil magion de’ suoi diletti.

CANTO SECONDO


Cinta di vivo fonte, onde discende
     Onda mormoratrice in suo viaggio,
     S’erge foresta, che del Sol contende
     Nell’anno ardente ivi l’entrata al raggio:
     Doppio sentier che s’interseca fende
     In quattro parti il bell’orror selvaggio,
     E di bell’acque cristalline e chiare
     8Ha ciascuna nel grembo un picciol mare.

Di più candide piume era vestita
     Turba di cigni per quei campi ondosi,
     E co’ musici colli al canto invita
     Fra l’elci nere i rusignuoli ascosi;
     Ma quei larghi sentieri, end’è partita
     La fresca selva, se ne vanno ombrosi,
     E ricchi d’acque con bollor gelato
     16A terminarsi in spazioso prato.

Nell’ampio sen di verdeggiante piano,
     Che lascia in prova gli smeraldi oscuri,
     Siede palagio, e fiammeggiar lontano
     Porfidi il fanno, onde ha coperti i muri:
     Son le cornici sue marmo africano;
     L’ampie finestre d’alabastri puri,
     La porta fra colonne, alto lavoro,
     24Fuse di bronzo, ed illustrate d’oro.

Su salda base dalla destra ha l’empio
     Già parte di gran monte, ivi gigante,
     Ch’erse la mole, condannato esempio,
     Con mente si superba al ciel stellante;
     Dalla sinistra il non minor, che scempio
     Già minacciava ad Israel tremante,
     E steso in Terebinto empieo la valle
     32Colle gran braccia, e coll’immense spalle.

Per sì gran varco in lastricata corte
     Di durissima selce altri sen viene,
     Che su colonne di diaspro forte
     Grandissimi di logge archi sostiene;
     E quindi tra fulgor d’aurate porte
     Entrasi a passeggiar sale terrene,
     Sale, che ognor le peregrine ciglia
     40Empiono in rimirar di meraviglia.

Di sublime pennel dedalea cura
     Sparse intorno alle volte alto ornamento,
     E d’alabastro, e d’ôr nuova pittura
     D’alteri fregi adorna il pavimento:
     Era quivi a mirar, come s’indura
     Per tante prove nell’ebreo tormento,
     E come in grembo all’Eritreo spumoso
     48Suoi regni affonda Faraon ritroso.

Intrepido Mosè la destra stende,
     Ed orribile il Nil sangue funesta;
     Stende la destra, e giù dall’alto scende
     Micidial d’ogni animal tempesta:
     Mirasi il Sol, che all’Universo splende,
     E che all’Egitto pur raggio non presta,
     Ma con fier nembi su quell’aria siede
     56Cimmeria notte, e ’l Canopeo non crede.