Pagina:Opere (Chiabrera).djvu/314

Da Wikisource.

del chiabrera 301

     Qual diletto tu trovi infra gli uccelli;
     Ergasto io volentieri
     Rimiro Gelopea,
     Perchè son fra seguaci dell’Amore,
     Tu dolcemente perdi
     Il tempo della vita, perseguendo
     Il volo degli augelli.
     Altri ben volentieri
     S’affanna, travagliando
     Per arricchir con zappe, e con aratri.
     Ecci alcun, che si gode
     D’andar peregrinando, e non paventa
     Le fortune del mare;
     E così vien, ch’ognuno
     È tratto dalla sua propria vaghezza;
     Ma perchè tu fai pompa
     Con le parole tue di quei diletti,
     A’ quali tu m’inviti,
     Io così ti vò dire:
     Nè conviti, nè canti,
     Nè dolcezza d’altrui ragionamento,
     Ne sereno di cielo
     È tanto prezïoso,
     Che si debba cangiar con uno sguardo
     Della mia Gelopea.
     Che cerchi più bell’Alba?
     Qual’oro ebbe mai l’Alba,
     Che non perdesse appresso
     I biondissimi crini
     Di questa pastorella?
     Ebbe mai l’Alba rose,
     Ebbe mai neve, o gigli
     Sulle guancie, e sul seno,
     Che non fossero secchi pareggiati
     All’amoroso aprile,
     Ch’ella porta nel volto?
     Quando vedesti in cielo
     Un seren così puro
     Che posto al paragone
     Della sua chiara fronte
     Non rimanesse oscuro?
     Giungi poi che sovente
     Il ciel non è sereno,
     E l’Aurora ha le guancie nubilose;
     Ma sempre Gelopea
     E chiara, ed è lucente.
     A che dunque favelli
     Della beltà dell’Alba
     Per farmi disprezzare una bellezza
     Bella via più che l’Alba?
     Adunque per innanzi
     Taci queste bellezze, e taci ancora
     I tuoi fischi, i tuoi canti
     Del nostro Alfesibeo,
     Del nostro buon Galicio;
     Ed i dolci diporti
     Del mio gentil Segaro;
     Che s’una sola volta
     Tu senti Gelopea, che si trastulli
     Col suo merlo; Oh cosa veramente
     D’infinito piacere!
     Ella per sua vaghezza
     Con la sua bella voce
     Se l’ammaestra, ed or gli va cantando
     La canzone, Amarillide, deh vieni;
     Or quella che comincia,
     Vaga su spina ascosa;
     E l’angelletto intento a’ belli modi
     Di quella bella voce le risponde,
     Vaga su spina ascosa;
     Ella per vezzeggiarlo
     Qui gli porge la punta del bel dito;
     E l’augellin vezzoso,
     Dibattendo le piume
     S’avventa a quel bel dito per maniera
     Che diresti di certo,
     Che voglia dargli morsi, ma beato
     Poscia gli dona bacio;
     Or io per mille volte
     Usato a questi canti,
     Sai quanto stimo i canti di Galicio?
     Quanto se fosser pianti.
Erg. Tu così fattamente
     Parli di Gelopea,
     Che s’io veduta non l’avessi, certo
     Esser la crederei cosa divina,
     E pure quante volte
     Io l’ho veduta, tante
     Ho visto nel suo viso la bellezza,
     Che vedo tutto il giorno
     Nel viso delle donne;
     Cosa per verità da non morirne,
     Per non esser a PALLA sì VICINA
     Quanto tu miser credi;
     Si che temo assoi spesso,
     Ch’ella non t’abbia fatto alcuno incanto;
     Io odo raccontarsi
     Istorie spaventose di costoro,
     Che voi chiamate amiche,
     Ed io le chiamo peste
     Di nostra giovinezza,
     Ma pur che fine speri al tuo penare?
Fil. Il fin delle mie pene
     Secondo me sarà, quando io sia fatto
     Signor di sue bellezze.
Erg. Secondo me signore
     Sarai di sue bellezze, o se la sposi,
     O se per altro modo tu le godi.
Fil. Goderle, e non sposarla
     E fuor di ogni speranza,
     E contra il mio volere.
Erg. Dunque devi pregare,
     E devi tener modi,
     Ch’essa teco si sposi.
Fil. Io non ho risparmiate
     Ergasto le preghiere,
     Ma mia bassa fortuna mi contrasta,
     Suo padre éssi fermato
     Di darla ad un bifolco
     Padron di molti armenti,
     E sdegna un pastorello
     Di così poche greggie.
Erg. E mi pesa annunziarti,
     Che per queste cagioni
     Ella fia di colui;
     Che s’egli la desira, ed ha fortuna,
     Disiata da loro,
     Chi potrà disturbar le costor nozze.
Fil. Le potrà disturbare
     Ciò che pur fino a qui l’ha disturbate,
     Gelopea non consente.
Erg. Eh speranze di vetro!