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del chiabrera 47

     D’Etiopia sul lido
     Scampò con forte mano
     Perseo da fiero mostro alma donzella,
     60E della Grecia un grido,
     Come d’uom sovrumano,
     Pur anco oggidì Perseo alto favella;
     Ed io dico, a’ dì nostri
     Farian ben mille mostri
     65Di donne empia rapina;
     Ma da sì fatti scempi,
     Cosmo con belli esempi
     Fa schermo alla marina.
Ed è ver, che s’ei scopre
     70De’ perfidi corsali al fiero sguardo
     Suo guerriero stendardo,
     Fa loro rimirar cento Meduse;
     Oh quale a sue bell’opre
     Forma alle mie vigilie dar sapranno,
     75S’una volta verranno
     In sull’incude dell’Aonie Muse?
     Il ciel delle sue lodi,
     Oltra l’uman costume,
     Senza nubi a mirar sereno puro,
     80Sento, che in mille modi
     Chiama a se le mie piume;
     Ed io saprò dedaleggiar sicuro;
     Il re de’ campi eterni
     Benigno ognor governi
     85Cosmo, tuoi legni ed armi;
     E tu giocondo in volto,
     Talora a me rivolto
     Non disprezzar miei carmi.

LXVIII

Quando nell’Arcipelago si conquistò la Capitana, e la Padrona delle Galere d’Alessandria, si ferono quattrocentoventidue schiavi, e centotrentacinque cristiani franchi.

I

Sulla terra quaggiù l’uom peregrino,
     Da diversa vaghezza
     Spronato a ciascun’ora,
     Fornisce travïando il suo cammino.
     5Chi tesor brama, chi procaccia onori,
     Chi di vaga bellezza
     Fervido s’innamora;
     Altri di chiuso bosco ama gli orrori,
     Ed in soggiorno ombroso
     10Mena i giorni pensoso.
A questa ultima schiera oggi m’attegno,
     E da ciascun m’involo;
     Amo gioghi selvaggi,
     D’alpestri Numi abbandonato regno,
     15Nè fra loro temenza unqua mi prende,
     Benchè romito e solo;
     Chè da’ villani oltraggi
     Le mie ricchezze povertà difende,
     Inni tra rime e versi
     20Di puro mel cospersi.
Qui già sacrai la cetra, e non indarno,
     Italia, a’ guerrier tuoi;
     Or lieto a’ vostri vanti
     Si rivolge il mio cor, Principi d’Arno,
     25Sferza de’vizj, alle virtù conforto,
     Norma d’eccelsi eroi;
     Per cui gli afflitti erranti
     In pelago di guai trovano porto;
     Da cui certa mercede
     30Proponsi a stabil fede.
Voi dal Tirreno mar lunge spingete
     I predatori infidi;
     E ne’ golfi sicuri
     Dell’Imperio Ottoman voi gli spegnete;
     35L’Egéo se ’l sa, che d’Alessandria scerse
     Dianzi ululare i lidi,
     Quando in ceppi sì duri
     Poneste il piè delle gran turbe avverse,
     E sotto giogo acerbo
     40Il duce lor superbo.
Oh lui ben lasso, oh lui dolente a morte,
     Che in region remote
     Non più vedrassi intorno
     L’alma beltà della gentil consorte!
     45Ella in pensar, piena di ghiaccio il core,
     Umida ambe le gote,
     Alto piangeva un giorno
     Il tardo ritornar del suo Signore;
     E così la nudrice
     50Parlava all’infelice:
Perchè t’affliggi invan? l’angoscia affrena;
     A che tanti martiri?
     Deh fa ch’io tra’ bei rai
     La cara fronte tua miri serena;
     55Distrugge i rei cristian, però non riede
     Il Signor che desiri;
     Ma comparte oggi mai
     Tra’ suoi forti guerrier le fatte prede,
     E serba a tue bellezze
     60Le più scelte ricchezze.
Così dicea, nè divinava come
     Egli era infra catene
     Là ’ve con spessi accenti
     Mandasi al ciel di Ferdinando il nome:
     65O verdi poggi di Firenze egregia,
     O belle aure Tirrene,
     Ed o rivi lucenti,
     Sì caro nume a gran ragion si pregia;
     O lieti, a gran ragione
     70Gli tessete corone.
Che più bramar dalla boutà superna
     Tra sue grazie divine,
     Salvo che giù nel mondo
     Sia giustizia e pietate in chi governa?
     75Io non apprezzo soggiogato impero,
     Benchè d’ampio confine,
     Se chi ne regge il pondo
     È di tesor, non di virtute altero:
     Ambizïone è rea;
     80Vero valor ci bea.