Vai al contenuto

Pagina:Opere (Chiabrera).djvu/95

Da Wikisource.
82 poesie

VIII

PER S. PAOLO

Strofe.
Trapassar del sepolcro i chiusi orrori,
     E di là dall’Occaso apparir chiaro
     Prova non è di neghittosi cori,
     Che per lo mar della viltà solcaro.
Antistrofe.
5Quei sa goder l’eternità degli anni,
     Che contra le delizie il petto ha forte,
     E sprezza l’ira de i più rei tiranni,
     E lieto per Gesù soffre la morte.
Epodo.
Ma da ciò far s’arretra
     10Il Mondo indegnamente,
     Ed allontana il piè dal cammin destro:
     Quinci su nuova cetra
     Vo’ cantar dolcemente
     Paolo delle Genti alto Maestro;
     15E con tanti suoi pregi
     Nell’Alme seminar pensieri egregi.
Strofe.
Ei dove sorge e dove cade il Sole,
     E dagli Australi agl’Iperborei regni
     Con bell’acqua rigò di sue parole
     20Tutto l’asciutto degli umani ingegni.
Antistrofe.
Panfilia, Caria, Sorïani e Lidi,
     E sull’Arabo mar gente infinita
     Perdeansi in sonno; ed ei con nobil gridi
     Dal gran letargo richiamolli a vita.
Epodo.
25Indi la bella Croce
     Fece adorarsi in Rodi,
     E dello scampo a Creta il varco aperse;
     Poi trascorse veloce,
     E con incliti modi
     30L’alme di Macedonia al Ciel converse;
     E lor folli viaggi
     Manifestò d’Atene ai più gran Saggi.
Strofe.
Nè sol con arte di soavi detti
     Ei rischiarava altrui l’interne ciglia;
     35Ma gli indurati cor scosse ne i petti
     Con opre d’incredibil meraviglia.
Antistrofe.
Per traboccarsi il peccatore ascende,
     E sua grandezza non ha stato un’ora:
     Tribolato all’incontro il giusto splende;
     40Sì la destra di Dio sempre l’onora.
Epodo.
Ecco in parte schernito
     L’Apostolo Beato;
     Ecco seco di gloria alto ornamento;
     Per lui tornò spedito
     45In Listri il piè storpiato,
     Diede in Troade vita al corpo spento;
     E con un detto solo
     D’Inferno i mostri fe’ fuggire a volo.
Strofe.
Contra suo comandar non ebbe schermo
     50Forza di mar, ma si quetaro i venti:
     In Malta fe’ robusto ogni uno infermo;
     E disarmò di tosco anco i serpenti.
Antistrofe.
Or s’io bramo d’alloro il crine ornarmi,
     Conviene ai gran Teban girsene appresso;
     55Perchè no? Divulgar contra suoi carmi
     Non può sentenza popolar Permesso.
Epodo.
L’ali dunque disciolga
     Quest’inno, ed ei percuota
     Col suo vivo fulgor gli occhi plebei;
     60Ma d’altra parte ei volga
     Gente saggia e devota
     Verso l’espugnator de i falsi Dei,
     Che fulminando in guerra
     Gli Idoli scosse, e traboccolli a terra.
Strofe.
65O quaggiù quale amor di fiamme interne
     Per suoi fedeli sfavillogli in seno?
     Ed or su noi dalle provincie eterne
     Usa guardar con quello amor non meno.
Antistrofe.
Quinci porgo preghiere a sua bontate,
     70Ch’egli al nostro sperar porga la mano,
     E degnisi mostrare orme sacrate
     A’ benedetti pie del grande Urbano.
Epodo.
Vegga legato Marte
     Su rugginosi acciari
     75Amica d’Imeneo l’amabil Pace,
     E pur con spiche sparte
     L’alma Cerere impari
     Di sì santo Pastor farsi seguace;
     E pria, che al Cielo ei torni,
     80D’ogni felicitate empía suoi giorni.

IX

PER S. STEFANO

Se degli avi il tesor, che siccome ombra
     Se ne sparì veloce,
     Or con felici esempj
     La mano empiesse a’ fervidi nipoti;
     5Io sul monte che adombra
     Di Vai l’antica foce,
     Certo ch’ergerei tempi
     A te, sacrato Stefano, devoti;
     E da’ remoti monti, ove natura
     10Più vaghi marmi indura,
     Trarrei colonne, e mille fregi illustri,
     E dotti ferri dalle scuole industri.
Quanti per lo Tirren forti nocchieri,
     O che vaghi d’onore,
     15O che di merce avari,
     Arando van gli occidental confini:
     Quanti da’ regni Iberi
     Piegan l’umide prore
     Negli Italici mari,
     20Da lunge i tetti mirerian divini!
     E quivi inchini al tuo favor celeste
     Per le oscure tempeste
     Pregheriano a’ lor corsi aure serene,
     Sacrando voti in sulle patrie arene.
25Ed allor forse in rimembrar tuo nome
     Sorgeria lungo il suono
     De i tuoi martir cocenti,
     Che virtù somma a favellar m’invita;