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84 poesie

     Non sì tosto sul mar dispiega l’ali,
     Che ogni disdegno di Nettun vien meno;
     E se mosso a pietà di noi mortali
     65Superno Spirto al Redentor s’inchina,
     Suole in calma tornar l’ira divina.

XI

PER LA MEDESIMA.

Se quel vago diletto,
     Onde lusinga Amore,
     E desïabil esca,
     O se ne sparge il petto
     5D’un immenso dolore,
     Che sempiterno cresca,
     E se mentre ei rinfresca
     In disarmato seno
     Lampi vivaci e dardi
     10Fatti di chiari sguardi,
     Infonde con la piaga empio veneno,
     Oggi fia specchio, e fia sentenza egregia
     L’alta bellezza che Bettania fregia.
Qual colomba vezzosa,
     15Che le tenere piume
     Verdeggia e porporeggia,
     Or sull’ali amorosa,
     Or su lucido fiume
     Si specchia e si vagheggia;
     20E dove selva ombreggia,
     Ivi si tien felice,
     Quando schiera pennuta
     La gira e la saluta:
     Tal già si fe’ la santa peccatrice,
     25E di gaudio maggior l’alma pascea,
     Quanto più fier Gerusalemme ardea.
Ma dove l’ora apparse,
     Che aperse il cammin vero,
     E le sbandò le ciglia,
     30In altro foco ella arse,
     E con miglior pensiero
     L’anima riconsiglia;
     La guancia, meraviglia
     Già di cotanti lumi,
     35Vie meno allor fiorisce;
     Torbido scaturisce
     Il bell’occhio seren lucidi fiumi,
     E la man di quel crin fa strazio agli ori,
     Che tanto dianzi strazïava i cori.
40Quivi muove veloce,
     E del Maestro adora
     Le santissime piante,
     E mentre ei pende in croce,
     Nella durissim’ora
     45Ella gli fu costante.
     Quanti gemiti, quante
     Querele ella diffuse
     In sul sepolcro aperto?
     E per aspro deserto,
     50Già disparito Lui, come si chiuse?
     Qual ivi pianse e flagellossi poscia?
     Verace Amor che non paventa angoscia.
Or su dagli alti cieli
     Ella, che ben intese
     55Del falso amor gl’inganni,
     L’anime ne disveli,
     E disgombri cortese
     Nembo di tanti affanni.
     Miseri noi, che gli anni,
     60Nostra vera ricchezza,
     Spendiamo in poca terra,
     Che ne contrasta in guerra
     Armata d’amarissima dolcezza,
     E tra gl’incanti di nemiche Maghe
     65Sì care abbiamo al cor catene e piaghe.

XII

PER S. SEBASTIANO.

Chi è costui, che avvinto
     Le nude braccia a duri tronchi alpestri
     Immobile sostien d’archi silvestri
     Tanti pennuti strali?
     5Ei d’ampio sangue ribagnato e tinto
     Sta palpitando a morte,
     Ma pur costante e forte
     D’alto silenzio in sofferir suoi mali:
     Qual de’ tempj immortali
     10Con destra empia superba
     Egli distrusse ed arse?
     Qual altrui sangue sparse
     Di ria ferita acerba?
     Quale al fin furto, e qual rapina il mena,
     15O qual bestemmia all’esecrabil pena?
Ahi, che nè furto indegno,
     Nè colpa sua, nè suo fallir l’ancide;
     Giovine, ove del ciel la gloria vide,
     Ratto le si converse;
     20Quinci d’aspro Tiranno empio disdegno
     Così proruppe ardente,
     Che gli fermò repente
     Il puro fianco alle quadrella avverse.
     Vergini Ninfe asperse
     25I biondissimi crini
     Dell’Idumeo Giordano,
     Ora s’armi la mano
     De’ vostri archi divini;
     Tendete Arciere d’ammirabil canto
     30Musici dardi al saettato Santo.
Qual di Sionne il monte,
     Tale è colui, che nel gran Dio confida:
     Chi di Gerusalem dentro s’annida,
     Mai non movrà le piante:
     35Luce al prudente sapïenza in fronte:
     Ei non verrà che tema
     Nè per notturna tema,
     Nè di saetta per lo dì volante;
     Non scolorì il sembiante
     40Mirando Alma devota
     Apparecchiar macello
     Or di crudo coltello,
     Or d’infocata rota,
     E tutta in opra la milizia inferna:
     45Chè il Giusto fia nella memoria eterna.