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La Principessa di Pimpirimpara 79

d’un pezzo, dai larghi scudi, si appostano agli stipiti di una porta.

E in mezzo a loro, passa il Re di Pimpirimpàra. Esso è un vecchione con barba e zàzzera di bambagia, con una gran corona a gemme di talco, scettro e globo — insegne le quali dàvano, ai sovrani di una volta, maestà, e che ora la danno ai rè de’ tarocchi; di più, con un manto d’amoerre celeste, ch’io giurerèi staccato dal cappellino di mamma.

Il per-la-grazia-di-Dio, viene, secondo il sòlito, ad augurare la buona mattina alla principessa figliuola; si avanza verso di lei — non senza distribuire de’ pizzicotti alle belle damine d’onore — l’abbraccia e, paternamente, baciale il cipollotto.... Senonchè, tosto, si accorge del malumore di S. A. R. — A un padre non sfugge nulla. Se ne accorge, benchè le labbra di lei siano scolpite ad un eterno sorriso, e ne domanda la càusa:

— ? —

Risposta: — La principessina si annoia. —

Si annoja? — Ecco S. M., da babbo esemplare, offrirle un nùvolo di divertimenti: — Vuòi ch’io faccia tarantellare i mièi generali e ministri? vuòi ch’io converta il reame in un parco di caccia, avendo, per venagione, i nostri conigli di sudditi? —

Ma no. Tripilla crolla sempre la testa con quell’aria che, così bene, segna nei burattini: sconforto — quantunque indichi pure, altra volta: starnuto.

— E allora — sclama salt.... restando in bestia la Maestà Sua — và a spasso!... — Poi — scuote, braccia, capo e gambette.

— Già, andiamoci.... fà sùbito, ad annaquare il paterno furore, la principessa. E quì, tutti si òrdinano; ricomincia la mùsica, cui aggiun-