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CAPITOLO PRIMO 105 Ma dileguata è la luce ; il cannoneggiamento taque. A Praverde, su’n terrazzino che riguardava la sanguinosa scacchiera, stavano abbracciate due donne ; sòcera e nuora. Inondava il raggio lunare la piana, come un dolce rimpròvero. — Mamma — diceva con angoscia Arrighet- la — me l’hanno ucciso il mio Alberto.... — Ma perchè — interruppe donna Giacinta perchè tormentarli con queste nere imaginazioni ? l'n ufficiale di Slato Maggiore non è poi lauto in perìcolo.... — Ah le pii]le vanno lontano ! — sospirò la gióvane moglie — Alberto ha troppo oro sulla divisa. — Si lece alla soglia un villano, di que* sgrossali a falcetto ; spalle quadrate, viso da pipa. Le donne lo interrogaron col guardo. o n — Allegri ! — esclamò il cavallante (notate ch’egli appariva di mezza in mezz’ora).— I nemici sono picchiali a tutto picchiare. Corre voce, anzi è sicuro, che noi s’è preso un cento cannoni. Prigionieri, tremila !... morti, altrettanti.... Viva il rè ! E dei nostri ? — Duecento, padrona.... Viva il rè ! Oh, \lberto ! — disse rabbrividendo Arri- glulla. II cavallante uscì. Elle rimasero silenziose, più slrellamente abbracciale di prima. Mia cara — ripigliò donna Giacinta, accarezzando la nuora — tu tremi. Eà a modo mio, riposa. Se verranno notizie, le le darò. Ricorda Alberto, ma non scordare Albertino. — Oh ! mai, — mormorò Arrighetla, e levos-