Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/192

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CANTOLO SESTO 161 —— aiionda. Vòlta c rivòlta, nulla di certo, se non r incertezza e questa?... Xè s'è manco sicuri di esistere ! Presente, già, non ci ha, .perchè il passato confina con l’avvenire ; ma se il passato fu, l’avvenire non è ancora. Eppure, egli poteva pensare ! e volere ! e moversi.... quasi a persuadersi del clic, battè fortemente la mano sullo scalino. ' E il colpo lo tirò dalle nubi. Si spaurì di sè stesso ; si tornò in soggezione. Raccolto allora il lumino, si alzò, e riprese a montare la scala, pensando « trégua ai contorti sofismi ; andiamo a dormire. Dormendo, s'è più desti che in veglia». E infino al ripiano* la testa di Alberto cessò dal frullare, o parve. Ma, come all’uscio, si rinviò. Mò perchè a letto ? Perchè tante ore perdute tra le lenzuola ? Se a riposare le fatiche del giorno, a che il riposo eterno di morte ? Ed ecco Alberto voltarsi, ridiscènder la scala, e riuscito alla porta di strada, riporre, nella nicchietta, il lumino. Riaprì la postierla. Il chiaro di luna inondava la via, dolcissima luce agli afflitti. Il sole feconda si il formentone ; ma il sentimento, no ; è un padre, buono fin che volete, ma clic sta troppo in sussiego ; è sempre padre, mai babbo. La luna invece è mamma; essa indovina i nostri minuti altari di cuore, ci piglia interesse ; nei dispiaceri conforta, o almeno piange con noi. E Alberlo, al carezzévole influsso, sentèndo- si più e più alleggerir la persona, corrèiulogli voluttuoso il sàngue, a lungo passo cammina : giù di qua, su di là, vede un palazzo, e al primo piano di quello una finestra splendente. È la sua. Alberto, con le làgrime agli occhi, Dossi. 11