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CAPITOLO OTTAVO 179 più dolce di sàngue e di piedi, attendeva. Egli, di alcuni giorni, avea con i bauli preceduto il padrone a scegliergli una cameretta. In fede mia ! ben scelto. Ragione prima; nella cameretta fluivano l’aria e la luce a torrenti. Non si cercava di lor contrastare, che se la mobilia era di semplice abete, e i muri imbiancati e non più, non vi s’avea a porre nell’ombra nò cìnque-dita, nò macchie di umidità e di fumo. Tutto sembrava appena piallalo e dipinto. Coscienza sporca non vi avrebbe potuto abitare. Ragione seconda; si allargava la stanza sopra la via con un terrazzino. Da questo, lo sguardo, passata un’allòa a robinie e un mu- rello, frisava il lìmpido specchio del Iago, e finiva a sciuparsi nel verde della montagna di faccia. L’occhio, oh (pianti sentieri scopriva ! il cuore, quante avventure ! Il che, tutto insieme, spronava già Tappetilo. E state certi che a pranzo, Alberto, non comandò, quella sera, le mezze porzioni nò lasciò molto pel gatto. Inoltre, vi era un certo vinello, sì allegro, frizzante ! Dagliene un sorso, dagliene il secondo, egli e Paolino svenàrono un tre bottiglie. La pupilla di Alberlo brillava : sfido voi, attraverso un bicchiere schiettamente rosso, a non iscòrgere il mondo in flòrida cera ! Poi ; come tornògli buono anche il letto ! Spelilo il lume, ecco la luna. E nel gustare il fred- diccio delle lenzuola ed aspirando l’odor di lavanda e inlravvedendo già il sonno, da lungi, forse dal lago, gli arriva un melanconico canto, di quelli che vanno al cuore diritto, perchè ne sanno il cammino. Il canto compì la soave emozione di Alberto : ei cadde in un amore tale per lutto, che gli gocciàron le làgrime ; avrebbe