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232 vita di alberto pisani

che i «per fortuna» in bocca di Camoletti furono un dieci a ciascun «per disgrazia». Leopoldo, da pirte sua, accennò a cambiamenti ch’egli volea nei fonili (i fondi visiterebbe nella settimana ventura), parlò di màchinc agrarie commesse a Manchester; di un un »• vo sistema d’affitti; di nuove colture; sul che, il discorso, continuando anche nel : brougham», s’inieresM) vivamente tanto, che, al fermarsi di cpiello, il cocchiere dovette smontare, aprir lo sportello, e dire « signori ! » Ed essi scesero ed entrarono. Quantùnque la vaghissima incognita avesse già in Leopoldo occupato il j>osto migliore, tuttavia, trovandosi egli sì presso a colei, che sola poteva ancor chiamare «parente», si sentì bàttere il cuore. Eccliò! Ines, forse, non era ne un velo di Tulle, ni una che curiosava ogni dove, nò un rompigloria a «perché? bensì di quelle creature devote, sentimentali, veri tiretti ai nostri segreti e nianualucci di pràtica filosofìa. Or, chi non sa che gli amanti han sempre a confidare qualcosa e sempre a dimandare consigli? In sulla scala, non incontrarono alcuno. Ma, .il primo ripiano, il signor Camoletti, a una vecchia senza cuffia e in cartucce, che il salutò per nome e cognome, chiese: — C’è donna Ines? — La inserviente rispose, che le signore maestre e tutte le damigelle erano fuori a messa.... «messa basa» aggiunse per consolarli «vogliono intanto sede re?» e lor dischiuse una porta con scritto su «Di r e z i o n e ». Ned essi risposero no. Rimasti soli, rimasero anche in silenzio. Il signor Camoletti, accomodatosi in una sedia a braccioli, dopo di aver concrepate le dita alcun po’, pre^e a mangiarsi furiosamente le unghie. Leopoldo girandolava la sala. Sulle pareti di cui, oltre il ritratto del rè. muso beatamente intontito, era una mostra (proprio una «mostra») di adaquerelli e disegni, di prove d: bella scrittura, pantòfole ricamate, ghirlande di fiori, quadri a margheritine, iscrizioni («evvi\a la direttrice! viva il suo onomàstico!») tutto dirotto al vetro e ili