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vita di alberto pisani |
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che i «per fortuna» in bocca di Camoletti furono un
dieci a ciascun «per disgrazia». Leopoldo, da pirte
sua, accennò a cambiamenti ch’egli volea nei fonili
(i fondi visiterebbe nella settimana ventura), parlò di
màchinc agrarie commesse a Manchester; di un un »•
vo sistema d’affitti; di nuove colture; sul che, il discorso, continuando anche nel : brougham», s’inieresM)
vivamente tanto, che, al fermarsi di cpiello, il cocchiere dovette smontare, aprir lo sportello, e dire
« signori ! »
Ed essi scesero ed entrarono.
Quantùnque la vaghissima incognita avesse già in
Leopoldo occupato il j>osto migliore, tuttavia, trovandosi egli sì presso a colei, che sola poteva ancor
chiamare «parente», si sentì bàttere il cuore. Eccliò!
Ines, forse, non era ne un velo di Tulle, ni una che
curiosava ogni dove, nò un rompigloria a «perché?
bensì di quelle creature devote, sentimentali, veri tiretti ai nostri segreti e nianualucci di pràtica filosofìa. Or, chi non sa che gli amanti han sempre a confidare qualcosa e sempre a dimandare consigli?
In sulla scala, non incontrarono alcuno. Ma, .il
primo ripiano, il signor Camoletti, a una vecchia senza cuffia e in cartucce, che il salutò per nome e cognome, chiese:
— C’è donna Ines? —
La inserviente rispose, che le signore maestre e
tutte le damigelle erano fuori a messa.... «messa basa» aggiunse per consolarli «vogliono intanto sede
re?» e lor dischiuse una porta con scritto su «Di
r e z i o n e ».
Ned essi risposero no.
Rimasti soli, rimasero anche in silenzio. Il signor
Camoletti, accomodatosi in una sedia a braccioli, dopo
di aver concrepate le dita alcun po’, pre^e a mangiarsi furiosamente le unghie. Leopoldo girandolava
la sala. Sulle pareti di cui, oltre il ritratto del rè.
muso beatamente intontito, era una mostra (proprio
una «mostra») di adaquerelli e disegni, di prove d:
bella scrittura, pantòfole ricamate, ghirlande di fiori,
quadri a margheritine, iscrizioni («evvi\a la direttrice!
viva il suo onomàstico!») tutto dirotto al vetro e ili