Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/364

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La reste 331 Cerio, non pareva. Feci un molo d’impazienza ma non dissi parola. Avendo, del resto, già consentito nella prima spesa, potevo anche iina- giiiarmi benissimo di non aver più da pagare che trenta lire. Così, il pranzetto, giocondo di vino e di sguardi, continuò. Tra una spiritosaggine vecchia e un’asinaggine nuova, Giannetta uscì a dire di aver giurato alla sarta che le avrebbe, il dì appresso, fallo tenere il denaro dell’abito, soggiungendo con un sorriso : — capirai clic, trattandosi di una sciocchezza di cento lire.... — Cento ? — interruppi. — Eppure, la cifra, se non ho male inteso.... — Oh, stavolta hai inteso malissimo — sciamò essa con vivacità. — Fa un po’ il conto lu, tu che hai studiato di matematica. Ottanta la stoffa, sessanta la fattura, venti le spese.... — In principio di tavola, avrei rovesciato.... la tavola. Ma eravamo già a mezzo, e Giannetta, attraverso il mio vino, cominciava a diventarmi bellissima. Per dirla in breve, ad ogni mula di piatti, il prezzo della veste di lei, come in una pu- blica asta, aumentava. Fortunatamente, i miei pranzi non sono lunghi. Quando si arrivò alle frulla, Giannetta aveva già avvicinata la sua alla mia sedia, e, circuendomi il collo col braccio : — vedrai, caro — mi susurrava in voce di dichiarazione amorosa (e colle ditina giojel- laie e affusolate infilavami intanto nella tasca esterna dell’abito un contici no piegalo in quattro) — vedrai elio pomposa figura farà sul corso la tua amatuccia colla sua veste da.... trecento lire. Sembra percallo, vero ? ma è tutta seta. Ne sci persuaso ? E Giannetta si partì, com’era venuta, gaja e vispa. Spiegai malinconicamente il conto. Il