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Panche di scuola 43

sèrvono fondamenti in stracchino. I fondamenti, cacciàtevelo in testa, sono il capo essenziale.... Certo, lo si capisce a occhio, voi siete un buon bimbo.... Le scappatelle non mèttono conto. Dunque, lasciate fare al tempo e a noi.... Noi, dal signor contino Guido Etelredi caveremo fuori qualchecosa di.... di bello; ne caveremo un, un.... — e, con quel bocchino che mòstrano i bachi da seta guardandosi attorno, cercò il che cosa per l’aria. Pur non trovando : — Che porta! — riattaccò con un’alzata di spalle. — Voi, Etelredi. avete anche il diritto di non far nulla.... Siete ricco, voi — e sospirò. — Lo potess’io! —

E quì un secondo trombamento di fiato. Impensierì, o parve; poi, scuotèndosi come per cacciare una mosca importuna:

— Intrattanto — disse — andiamo alla vostra scuola. Non per studiare, ora: per assuefarci al suo ambiente. —

E fummo alla terza classe.

Ivi, il più chiuso silenzio. È vero che nel toccare la soglia del corritojo che vi menava, trami sembrato uscirne una chiuccurlaja, un pestìo. ma, chi non lo sa? pòssono suonare gli orecchi: anzi — suonàvanmi — inquantochè il direttore continuò il suo passo con la prima e greve misura da catapulta e inquantochè — aperto l’uscio — demmo in una così severa, orgogliosa aula che ne intirizzìvan le lingue. Io, machinalmente, mi bottonài.

La sala era ampia, a volta, con una canna di stufa, che, innalzàtasi a zigzag, la traversava, e, dalle pareti a sola rinzaffatura: quella di faccia a noi, bucata da tre finestre; l’altra, alla dritta, con suvvi una gran carta d'Europa di poche parole (pei negligenti, muta); la terza infine, con una mènsola di falso marmo, che ri-


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