Pagina:Opere (Dossi) IV.djvu/45

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ca e di matemàtica, dei dottori di medicina e di legge, dei militari, un impiegato telegràfico[2] un ragioniere, nonchè altri parecchi che ci dichiàrano di non aver mai maneggiato nè scalpello nè matita nè seste. Ringraziamo questi cortesi che si son compiaciuti di farci conoscere la lor condizione professionale a giudicare però dall'esecuzione dei bozzetti esposti anche dagli altri, si dovrebbe inferire che non pìccola parte dei concorrenti ha studi, ha inclinazioni, che non hanno nulla a che fare colle arti plàstiche.

Affrettiàmoci a soggiùngere che l'imperizia artistica, per sè sola, non è sintomo di follia. Le maglie del programma per il gran monumento èrano amplissime e perciò vi poteva passare qualunque sia idèa: si èbbero quindi proposte di stabilimenti industriali (bozz. n. 22, Camillo Ferrara)[3], od igiènici, come bagni (bozz. n. 24)[4], e fùron proposte, se non accettàbili, ragionèvoli.

Senonchè, l'imperizia della mano, quando è accoppiata alle incongruenze della mente o ad altri disòrdini cerebrali, concorre ad accentuare le caratteristiche della pazzìa. Non è ammissibile infatti che una persona, nel pieno possesso della sua coscienza, si ostini a far cosa alla quale è assolutamente incapace, e ancor meno, ne faccia pùbblica mostra e chieda un premio per essa. Pur consentendo che i bozzetti segnati coi numeri 11, 19, 28, 16 a e b, 66, 74, 112, 115, 134, 234, 242, 277, 290, 293, 241[5] e altri molti, non sìeno che infelici conati di majùscoli bimbi completamente ignari dell'arte del disegno; chi non porrebbe senza alcun scrùpolo nella razza mattòide quel prof. E.P. Wanderburg (bozzetto n. 267) che invìa all'imponente concorso un mezzo fogliuzzo di carta con su mal delineata una colonnetta