Pagina:Opere (Dossi) IV.djvu/48

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possibilmente in oro, aggiungendo, che, quanto alle altre statue, permettèndolo il mite clima di Roma, si faranno di marmo. Nè va taciuta la peregrina trovata dal professore cav. Domènico Mollajuoli (n. 216) che, tracciato confidenzialmente in matita su due branicelli di carta una colonna e un archetto, ci spiega, che: in cima all'arco si porranno le cèneri di Vittorio Emanuele, cosicchè chi vi passa sotto, dirà: qui sopra ripòsano le cèneri di colùi che mi ha dato l'indipendenza e la unità, e l'altra idèa, non meno preziosa, del n. 287 (Dall'uno all'altro polo) il quale, dopo di èssersi con molte considerazioni persuaso che la statua del Re debba, èssere equestre ossìa posta su di un cavallo, esce a dire: la mia architettura io la chiamerò romano-arcimperiale in omaggio alla Nazione ed al Re.... Finalmente — e si noti che non spicchiamo per ora che qualche foglia da ogni manoscritto — c'è il signor A. B. di Messina (n. 41) il quale non spedisce alla Commissione il suo monumento perchè è troppo grandioso: quindi si lìmita a mandarne la fotografìa (che viceversa è uno sconcio disegno a penna) e ci annuncia che il monumento dev'èssere in marmo scolpito e bronzo fuso. È di stile che sfida ogni descrizione. Sullo schizzo sta scritto: Concetto a colpo d'occhio — Due granatieri di bronzo, ai lati del monumento — così spiega l'autore — stanno impiantiti, in atteggiamento stanco, su due tamburi dello stesso metallo... col kepì indietro, in modo da lasciar vedere ciocche di capelli bagnate di sudore, ossìa in quel riposo-arm, comandato da Vittorio Emanuele.[7]

Ma procediamo un passo più addentro nell'ànimo di questi egregi signori, e, giacchè vògliono ad ogni costo onorarci delle lor confidenze, ascoltiàmole.