Pagina:Opere (Rapisardi) IV.djvu/34

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30 Il Giobbe

     Ch’ella volge alla nuora, ancor che questa
     480Buona e docile sia, nè sia maligno
     Il talento di lei: così dispone
     Il pensier di Chi può. Se poi sprovvista
     d’alti natali e di beltà sol ricca
     Al tetto marital la sposa arrivi,
     485Mai sofferta non è si di buon core
     Che bersaglio non sia d’aspri motteggi,
     Tal che rider ne dènno anco le ancelle.
     Chi la pace però sovr’altro estimi,
     E la sposa e i parenti ami davvero,
     490Mai far non dee che un tetto sol li copra.
     E noi, se le tue nozze Eli conceda,
     Seguirem tal consiglio; e solo a mensa
     E ne le veglie delle tarde sere
     Vi vedrò tutti a me dintorno accolti:
     495Poi che a buon genitor, quando gli fugge
     La bella giovinezza e sopra il capo
     La canizie s’alluma, altro non resta
     Che il lieto aspetto e il conversar de’ figli,
     Per cui degli anni suoi l’alba rivede.
     500Seguían questi parlari appo le case
     Fra Giobbe il saggio e il suo maggior figliuolo,
     Nè guari andò, che nello stesso loco
     Fermar fu visto il nuzíal corteo.
     Piombava il Sol dagl’infiammati azzurri