Pagina:Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu/59

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Qui ci potrebbe essere opposto che né l’Inferno si deve credere esser così grande come il Manetti lo pone; essendo che, sì come alcuni hanno sospettato, non par possibile che la volta che l’Inferno ricuopre, rimanendo sì sottile quant’è di necessità se l’Inferno tanto si alza, si possa reggere, e non precipiti e profondi in esso Inferno; e massime, oltre al rimanere non più grossa dell’ottava parte del semidiametro, che sono miglia 405 incirca, essendovi ancora da levarne per lo spazio della grotta degli sciagurati, ed essendoci molte gran profondità di mari.

Al che facilmente si risponde, che tal grossezza è suffizientissima: perciò che, presa una volta piccola, fabricata con quella ragione, se arà di arco 30 braccia, gli rimarranno per la grossezza braccia 4 in circa, la quale non solo è bastante, ma quando a 30 braccia di arco se gli desse un sol braccio, e forse , non che 4, basteria a sostenersi; onde, sapendo noi che pochissime miglia, anzi che meno di un sol miglio, si profondano i mari, se creder doviamo a i più periti marinari, e potendo assegnare quante miglia ci pare per la grotta de gli sciagurati, non essendogli data dal Poeta determinata misura, quando ancora ponessimo tra questa e la profondità de i mari importare 100 miglia, nulla di meno rimarrà detta volta grossissima, e più assai che non è necessario per sostenersi.

Parmi che queste ragioni possino persuaderci, quanto all’universale descrizione aver assai più del verisimile l’Inferno del Manetti che quello del Vellutello, ed il medesimo troveremo ancora esaminando distintamente le sue parti, e prima il castello posto nel Limbo: del quale difficil cosa mi pare potersi immaginare come, girando, secondo che vuole esso Vellutello, miglia 770, ed essendo circondato da 7 ordini di alte mura, occupi in tutto per larghezza di miglio; ché, non che altro, il fabricare sopra un giro, che non sia più largo che di miglio, sette circuiti di mura,