Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/221

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timone. 213

Che si può fare quando gli Dei ci sforzano? Ma vedi su quali rasoi tu riponi un misero che è vissuto finora felicissimo, ed ora senza alcuna colpa debbo riprendere tanto oro e tanti affanni.

Mercurio. Sopportalo, o Timone, per amor mio, benchè ti sia grave: almeno per far crepare d’invidia quegli adulatori. Io su per l’Etna rivolerò al cielo.

Pluto. Se n’è ito, pare: me ne accorgo al ventilar dell’ali. Tu rimani qui; io vo, e ti mando il Tesoro: mena di forza. A te dico, Tesoro d’oro, ubbidisci a Timone, e fa che ti prenda. Cava, Timone, affonda, lo vi lascio insieme.

Timone. Su, o zappa, fa forza, non ti stancare finchè non iscopri Tesoro.... Giove miracoloso, o Coribanti, o Mercurio datore di guadagni, donde tant’oro? Fosse un sogno questo? Temo di svegliarmi, e di trovar carboni. Ma no, è oro, monete ardenti, pesanti, e bellissime a vedere.

       O oro, il più bello acquisto de’ mortali,
       Tu vinci di splendore il fuoco ardente
       In ebeta notte1

e in chiaro giorno. Vieni, o carissimo amor mio. Ora si credo che Giove si mutò in oro. E qual vergine non aprirebbe il grembo per raccogliere un si bello amadore che le piovesse dal soffitto? Mida, o Creso, o voti del tempio di Delfo, voi siete niente verso Timone, e la ricchezza di Timone: al quale neppure il gran re si può paragonare. zappa, o carissimo pelliccione, i’ vi consacrerò a questo Pane. Io comprerò tutto questo campo solitario, fabbricherò una torre per serbarvi il tesoro, e l’abiterò io solo, e voglio che sia il mio sepolcro quand’io sarò morto. Si, cosi voglio, e facciamoci una legge per quest’altra vita che mi rimane: Unione con nessuno, sconoscenza e disprezzo per tutti: amico, ospite, compagno, l’altare della compassione, son tutte ciance: intenerirsi al pianto, sovvenire alla miseria, è un trasgredire la legge, un rovesciare i costumi: vivere solitario come i lupi: Timone solo amico a Timone. Tutti gli altri uomini nemici ed insidiatori: conversare con alcuno, sia contaminazione: e se ne vedo pure uno, quel giorno sia nefasto. Sa-

  1. Il primo verso è di Euripide nel Bellerofonte: il secondo è di Pindaro.