Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/276

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268 dialoghi marini.


Nettuno. Conoscolo: è l’Itacese, che ritorna da Ilio. Ma come ha fatto questo? egli non è punto audace.

Ciclope. Tornandomi dal pascolo, m’accorsi che nell’antro c’erano entrati alcuni, che certo volevano rubarmi il gregge. Posi all’entrata la chiusura, che è un gran petrone, ed acceso il fuoco con un albero che m’aveva portato dalla montagna, li vidi che s’andavano acquattando, ne abbrancai alcuni, e me li mangiai saporitamente perchè erano ladri. Intanto quell’astutissimo Nessuno, o Ulisse, com’ei si chiamava, mi diede bere una bevanda dolce sì ed odorosa, ma traditora e turbatrice, chè tosto ch’io la bevvi mi pareva che ogni cosa mi girasse intorno, la spelonca si rivoltasse sossopra, non ero più in me, ed infine fui preso dal sonno. Allora quegli, aguzzato un palo, e messolo anche al fuoco, m’accecò mentre dormivo. E da quel punto, o Nettuno, io son cieco.

Nettuno. Che sonno profondo avevi, o figliuolo, che non ti svegliasti mentre ti accecavano! Ma Ulisse come sfuggì? So che egli non avria potuto smuovere quel sasso dall’entrata.

Ciclope. Lo tolsi io per acchiapparlo quand’egli usciva. Mi sedei presso la porta, e l’aspettavo con le mani distese; facevo passar solo le pecore per andare al pascolo, e diedi al montone l’incarico di far le veci mie.

Nettuno. Capisco: si nascose sotto di esse, e se ne uscì. Ma perchè non chiamasti gli altri Ciclopi per dargli addosso?

Ciclope. Li chiamai, o padre, e vennero; mi domandarono chi è il ladro? io risposi: Nessuno; credettero ch’io fossi uscito pazzo, e mi piantarono. E così lo scellerato mi canzonò con quel nome, e poi per più straziarmi m’insultò ancora, e mi disse: Neppure Nettuno tuo padre ti risanerà.

Nettuno. Consòlati, o figliuolo, ti vendicherò io: ed insegnerò io a colui, che se non posso risanare i ciechi, io posso e salvare e perdere i naviganti. Egli sta ancora in mare.