Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/286

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278 dialoghi marini.

non so, ma dicono che Giove tramutato in oro venne a lei piovendo dalla soffitta; e che ella accogliendo il dio che le scorreva nel seno, ne divenne gravida. Accortosene il padre, che è un vecchio salvatico e geloso, sdegnossene fieramente: e credendo che avesse avuto che fare con tutt’altri, ancor tenera del parto la gettò in quella cesta.

Dori. E che faceva ella, o Teti, quando v’era messa?

Teti. Di sè non parlava, o Dori, e sopportava la sua condanna; ma pregava pel suo bambino che non l’uccidessero, e piangendo mostrava all’avolo quella bellissima creaturina, che inconsapevole delle sue sventure sorrideva guardando al mare. Oh, mi si tornano a riempir gli occhi di lagrime, come me ne ricordo.

Dori. Hai fatto piangere anche me. E sono già morti?

Teti. No: la cesta va galleggiando attorno Serifo, e vi son vivi tutti e due.

Dori. E perchè non la salviamo, spingendola nelle reti dei pescatori di Serifo? essi nel tirarle la salveranno certamente.

Teti. Ben dici: facciamolo. Non perisca nè ella nè quel suo fanciullino sì bello.


13.

Nettuno ed Enipeo.1


Enipeo. Non istà bene questo, o Nettuno, a dire il vero: ingannarmi l’innamorata, prendendo le mie sembianze, e sverginarmela: ella credeva che glielo facessi io, però si stette.

Nettuno. Ma tu, o Enipeo, eri uno sprezzante, un freddo con una sì bella fanciulla che veniva ogni giorno da te, t’amava perdutamente, e tu non te ne curavi, e godevi di affliggerla.

  1. Enipeo è nome di un fiume. Questa favola è narrata nel libro XI dell’Odissea. Luciano mette in canzone questa e molte altre favole narrate da Omero, non perchè ei le stimasse prive di bellezza poetica, ma perchè il volgo le teneva per vere e le credeva religiosamente.