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Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/289

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dialoghi marini. 281


2ª Nereide. Non ricordiamo più, o Dori, di queste cose, se una donna barbara ha parlato da sciocca. Le basti la pena che le abbiam data, a farla temer tanto per la figliuola. Ora rallegriamoci delle nozze.


15.

Zefiro e Noto.


Zefiro. Non mai ho veduto sul mare un corteo più magnifico, dacchè io sono e spiro. Non l’hai tu veduto, o Noto?

Noto. Di qual corteo parli, o Zefiro? e chi lo ha fatto?

Zefiro. Hai perduto uno spettacolo bellissimo; e non vedresti il somigliante mai più.

Noto. Io avevo un gran fare nel mare Eritreo; soffiavo sovra una parte dell’India, su tutto il lido di quella regione: onde non ho veduto quel che tu dici.

Zefiro. Conosci Agenore di Sidone?

Noto. Sì: il padre di Europa. Ma che?

Zefiro. Di lei appunto ti racconterò.

Noto. Forse che Giove n’è innamorato da molto tempo? Cotesto già lo sapevo.

Zefiro. Sai dell’amore: odi ora il resto. Europa era discesa sul lido a scherzare con le compagne: e Giove fattosi torello scherzava con esse, e pareva bellissimo: Aveva una bianchezza grande, le corna ben ricurve, pareva assai mansueto, ruzzava anch’egli sul lido, e soavemente mugliava; onde ad Europa venne ardire di salirgli sul dorso. E come fu salita, rattissimo Giove corse al mare, e portandola nuotava: ed ella tutta smarrita attenevasi con la mano sinistra ad un corno per non cadere, e con l’altra si stringeva il peplo che ventilava.

Noto. Dolce spettacolo ed amoroso tu vedesti, o Zefiro: Giove nuotante portar sul dorso l’amata donzella.

Zefiro. Il più bello, o Noto, fu quel che seguì. Il mare subito