Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/35

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intorno la vita e le opere di luciano. 27

(Tac., An. lib. 4, e. 37.) Così la religione del bello degenerò in religione del piacere, e la religione del diritto degenerò in religione della forza: onde l’una fu derisa come stolta, l’altra abborrita come ingiusta: entrambe mantenevano la corruzione e la servitù del genere umano.

XVI. A mali sì grandi e sì gravi cercava di rimediare la filosofia, ma essa li aveva accresciuti col riuscire che ella fece allo Scetticismo, che divenne dottrina e pratica generale: e vanamente gli Stoici presumevano di correggere e raddrizzare l’umanità; essi furono impotenti ipocriti. A ridestare la vita non ci voleva la verità astratta che è verità morta, ma una verità viva d’immaginazione ed animata di novelli affetti, non bastava la filosofia presente, ma bisognava una nuova religione. Era questo il bisogno dell’umanità tuttaquanta, sentito da molto tempo, e specialmente nelle infime classi del popolo, e nei servi, e nelle donne, e nei miseri, che erano esclusi dall’umanità antica. Però la novella religione non poteva uscire delle scuole dei filosofi, e surse spontanea nel popolo con tutti gli affetti, le speranze, i timori, i dolori, gli errori, i vizi e le virtù che il popolo aveva. Per questo informe involucro che la circondava, ella dapprima spiacque come cosa vile: per tre secoli andò a poco a poco crescendo e sollevandosi nelle classi superiori, secondo il movimento generale del tempo che abbassava gli antichi patrizi degenerati, e sollevava gli uomini nuovi, i servi ed i barbari sino all’altezza dell’impero. Alcuni savi non la spregiarono, e tentarono di foggiarla a modo loro, aggiungendole alcune dottrine antiche, e alcune loro immaginazioni; ma ella che era nata spontanea rigettò ogni esterna apposizione degli Gnostici, crebbe sola, sofferse, combattè, e infine a un tempo stesso convertì