Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/82

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74 intorno la vita e le opere di luciano.

drini nei componimenti satirici, come i silli, a uovi, le scuri, gli altari.1 Di forma più larga e più libera dell’epigramma, questi dialoghetti sono capaci di maggiori bellezze, sono poesie schiette, tranne il verso, e ci presentano una finitezza e leggiadria di stile inimitabile ed unica, una freschezza, una fragranza, una vita che li ristora e t’innamora. E questa forma sì vaga non ornava concetti frivoli. Non le pastorellerie, le sdolcinature e le adulazioni di Teocrito, che furono imitate da Virgilio, piacciono a Luciano, il quale usa l’arte non per adulare potenti e dilettare oziosi, ma per correggere gli errori comuni ed insegnare piacevolmente il vero. Però ti trasporta seco in cielo e ti mostra i pettegolezzi e le vergogne degli Dei, massime di Giove, tanto spregevole lassù, tanto temuto quaggiù: poi ti fa scendere nell’inferno, e quivi giudichi gli uomini ed i fatti che sono stati, e nel passato vedi riflesso il presente; altri uomini ed altri tempi, ma gli stessi errori: poi ti rapisce seco nella libera e lieta regione dell’arte, finisce alcuni quadretti che Omero lasciò abbozzati, ti mostra Perseo bambino che guarda il mare e sorride ignaro della sua sventura, poi garzone volatore che libera Andromeda bellissima legata allo scoglio, e ti pare di seguire

quella pompa nuziale che accompagna Europa portata dal toro in mezzo al mare. Le cortigiane stesse sono più vere che non i caprai ed i bifolchi galantemente innamorati, e ti porgono più vere ed utili osservazioni a fare. Luciano mirava sempre nei Greci antichi del buon tempo, e da quelli traeva i suoi liberi concetti e le libere forme dell’arte che egli giudiziosamente accomodava al suo tempo; dai Greci liberi e potenti di tutte le forze dell’ingegno egli derivò nelle sue opere la pura vena della bellezza, non dai Greci cortigiani, che seduti

  1. Vedi il Centofanti nel citato Discorso.