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intorno la vita e le opere di luciano. | 81 |
lenze, io sono costretto di accusarlo innanzi a voi, che ci conoscete tuttedue. Io ho un timore grande che ei continuando e crescendo sempre le offese, mi scaccerà proprio di casa mia, ed io dovrò tacere, non essere più annoverato tra le lettere, e non avere altro suono che un sibilo.» E sèguita, dicendo che non pure le vocali, ma tutte le lettere dovrebbero badare che ciascuna stesse al posto suo, e non pigliasse l’altrui: che se si fosse fatto così, il lambda ed il ro, il gamma ed il cappa non si bisticcerebbero sì spesso in molte parole. Ogni lettera deve ritenere il luogo, la qualità e la forza sua assegnatale da Cadmo, da Palamede o da Simonide, o da chi altro ne fu inventore e legislatore: e non trasgredire a queste leggi, delle quali, voi, o Vocali, come le maggiori, siete le custoditrici. Questo miserabile Tau, che non avrebbe neppur suono, se non fosse sostenuto dall’alfa e dall’ipsilon, ecco quanti luoghi mi ha usurpati (e li annovera con bizzarria e grazia); e non pure con me, ma se l’ha pigliata ancora col delta, col thita, e con lo zita (e ne adduce le pruove); nè contento di offendere noi, l’attacca agli uomini, li sforza a dire una cosa per un’altra, insulta finanche un gran re, gli leva il cappa, e da Ciro lo fa diventar Tiro (cacio). Questo Tau ribaldo ha fatto un gran male agli uomini, che maledicono Cadmo che lo messe tra le lettere: perchè i tiranni imitando la figura del T, fecero la croce, su la quale appendono tanta povera gente. Onde per tante sue malvagità è giusto che egli sia dannato a morte, ed impiccato su lo strumento che porta la sua figura.
Se questi due scritti saranno considerati come satire di due maniere di declamazioni, essi non parranno frivoli e leggieri, ma avranno un senso nelle opere di Luciano: e per il loro carattere, per lo stile, e per la