Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 2.djvu/272

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e grande, e come un pioppo alta e diritta: ed ella ringalluzziva alle lodi, come se i versi la facessero crescere, e agitava la mano. Il poeta vedendo che le piaceva la lode, gliela ricantava spesso, fintantochè uno gli si fece all’orecchio, e dissegli: Cessa, o caro; se no, la farai anche levare in piè. Simile a costei, anzi più ridicola, fu Stratonica moglie di Selenco, la quale propose a certi poeti il premio d’un talento, a chi di loro lodasse meglio la sua chioma, benchè ella fosse calva, e non avesse in testa neanche un capello de’ suoi: eppure avendo il capo così, e sapendo tutti che una lunga malattia l’aveva renduta a quel modo, ella udiva quei maledetti poeti che dicevano come ella aveva i capelli biondi, e li arricciavano a ciocche, e li paragonavano all’appio; ed ella non ne aveva uno. Di tutti costoro adunque che si lasciano dar la soia dagli adulatori ella si rideva: ed aggiungeva ancora che parecchi altri non pure nell’essere lodati, ma nel farsi dipingere vogliono l’adulazione e l’inganno. Amano, diceva ella, quei pittori specialmente che li dipingono più belli: anzi alcuni impongono all’artefice di acconciare un po’ il naso, di colorire gli occhi più neri, o qualche altra cosa che vorrebbero avere; e così senza avvedersene abbelliscono un’altra immagine, che non rassomiglia a loro. Queste e simiglianti cose ella diceva, lodando per tutt’altro la tua scrittura; ma non poteva tollerare che tu l’hai paragonata alle dee Venere e Giunone. Questo è troppo per me, diceva, anzi è troppo per la natura umana. Io non ti passo neppure di avermi paragonata a quelle eroine, a Penelope, ad Arete, a Teano, molto meno alle maggiori tra le dee; che gli dei, diceva ella, io li venero assai e li rispetto. Temo adunque che non mi accada come a Cassiopea, se accetto questa lode: benchè ella si agguagliava soltanto alle Nereidi, e rispettava Giunone e Venere. Onde, o Licino, ella comanda che tu cassi quel tratto, se no ella se ne scagionerà con le dee che tu l’hai scritto suo malgrado; e vuole che tu sappia come a lei dispiace che il libro vada intorno così, come ora sta, senza rispetto e timor delle dee: perchè crede che parrà ella un’empia, e sarà sua la colpa a permettere di essere paragonata alla Venere di Cnido, ed a quella degli orti. Ricordati le parole che in fine del libro hai dette di lei, come ella