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390 | icaromenippo. |
anni in Olimpia: onde a vedere i miei altari ei son più freddi delle leggi di Platone e dei sillogismi di Crisippo. - Così ragionando giungemmo al luogo dove egli doveva sedere, ed ascoltare le preghiere degli uomini. V’erano in fila alcune botole, simili a bocche di pozzi, con loro cataratte: e presso a ciascuna stava un seggio d’oro. Giove sedutosi sul primo seggio, e levata la cataratta, si pose ad ascoltar le preghiere. Si pregava da tutte le parti della terra in tante lingue e in tanti modi diversi: origliai anch’io, e intesi alcune preghiere cosiffatte: O Giove, fammi diventar re! O Giove, mi vengano bene le cipolle ed i porri! o Dei, muoia presto mio padre! Altri diceva: O fossi erede di mia moglie! O non si scoprisse il laccio che tendo a mio fratello! Vincessi questo piato! Fossi coronato in Olimpia! Dei naviganti chi pregava soffiasse Borea, chi Noto: gli agricoltori cercavan la pioggia, le lavandaie il sole. Udiva Giove, e considerando ciascuna preghiera attentamente, non le accoglieva tutte. <poem>
Ma il padre degli Dei ne concedeva Alcuna, ed alcun’altra ne negava.
<poem> Le preghiere giuste le faceva montar sino alla botola, le prendeva, e se le poneva a parte destra; le scellerate le scacciava subito giù con un soffio, perchè neppure si avvicinassero al cielo. Ma ad una certa preghiera io lo vidi bene impacciato. Due uomini dimandavano due cose opposte, ma promettevano lo stesso sacrifizio: ond’egli non sapeva chi dei due contentare; stava tra il sì e il no degli Accademici, non sapeva uscir di quell’imbroglio, e come Pirrone, dubitava e considerava. Sbrigatosi di questa faccenda delle preghiere, passò al seggio ed alla botola seguente, fe’ capolino, e attese ai giuramenti ed ai giuratori. Spacciatosi anche da questi, e fulminato l’Epicureo Ermodoro, sedè sovra un altro seggio, e badò alle divinazioni, alle voci che corrono, agli augurii. Di là passò alla botola donde sale il fumo de’ sagrifizi, e il fumo dice a Giove il nome di chi l’ha offerti. Spedite tutte queste faccende, comandò ai venti ed al tempo quel ch’era da fare: Oggi piova in Scizia, tuoni in Libia, nevighi in Grecia: tu, o Borea, soffia in Lidia, tu, o Noto, sta’ cheto, e tu, o Zefiro, sconvolgi