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290 L’Isola

     L’asse che dalla nave a la vicina,
     Riva pendeva alto su l’acque e al nostro
     Peso cedea con quasi uman lamento,
     20Balzò giojosa a terra, e a me, che assorto
     In un dolce pensier veníale appresso,
     Tese le aperte braccia, e su la bocca,
     Tal era il patto, il primo bacio impresse.
Deserta a prima vista era ognintorno
     25La terra, se deserto è dove tanta
     Pompa di vita, sotto un ciel sì terso
     E in sì varia beltà spiega Natura;
     Ma umana ombra non mai certo all’opposto
     Sole usurpato avea le soffici erbe,
     30Ch’ebbre di voluttà s’eran per tutto,
     Qual molle veste ad un bel corpo, apprese.
     In digradante sen, come teatro
     Roman, s’incurva ad oriente il lido;
     E un intatto sentier quindi a un opaco
     35Bosco a le spalle d’un burrone appeso,
     Quinci a una fila di soavi colli
     Evaníenti ne l’azzurro adduce.
     Sgorga tra questi un fiume, onde il più vago
     Non corse mai: rompe da pria tra fosche
     40Rupi ed impetuoso si convelle
     In un bollor di vivo argento; strani
     Alberi sopra a lui pendono, quali