Pagina:Opere di Mario Rapisardi 5.djvu/318

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     Verro ha costume, e tal vive tra’ suoi
     Che un grufolante gregge onta ne avrebbe?
     Qual vittoria e qual pro? Le stalle, i boschi
     E l’onde e l’aria di sì fatti servi
     Io potessi gremir, quale al mio nome
     Incremento verrebbe e all’esser mio?
     Regni su plebi inconscienti e cose
     Di lume orbe il mortai, cui spremer sangue
     Ad impinguar sue polpe inerti è assai:
     Brute su bruti; altro a me vuolsi; e voi,
     Se ingrata affatto non vi son, più degno
     Scettro alla figlia apparecchiar dovreste.
     Nè d’altro canto alla ferina sorte
     Legar con bieca incantagion vorrei,
     (O Sol che tutto vedi, entro mi leggi)
     Chi di cor puro e di versuta mente,
     S’altro in terra ne viva a costui pari,
     Ch’io non so dir se per mio mal conobbi,
     Privilegiato è dagli Dei cotanto
     Che di gloria celeste il mondo alluma.
     Deh, come io dea trepida vissi a questo
     Gramo figliuolo di Laerte, gramo
     Pe ’l viver suo, pe’ suoi travagli tanti,
     Pe’ disfatti compagni e la remota
     Sposa e il trono deserto; a un dio conforme,
     Se al molteplice ingegno, al braccio invitto