Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli II.djvu/137

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i popoli della valdichiana. 127

lo voglio lasciare indietro. E lasciando di discorrere di quei timori che potete avere da principi oltramontani, ragioniamo della paura, che ci è più propinqua. Chi ha osservato il Duca, vede che lui, quanto a mantenere gli stati ch’egli ha, non ha mai disegnato fare fondamento in su amicizie Italiane, avendo sempre stimato poco i Viniziani, e voi meno, il che quando sia vero, conviene che e’ pensi di farsi tanto stato in Italia che lo faccia sicuro per sè medesimo, e che faccia da un altro potentato l’amicizia sua desiderabile. E quando questo sia lo animo suo, e che egli aspiri allo Imperio di Toscana, come più propinquo, ed atto a farne un regno con gli altri stati che tiene. E che gli abbia questo disegno si giudica di necessità, sì per le cose sopraddette, e sì per l’ambizione sua, sì etiam per avervi dondolato in sull’accordare, e non avere mai voluto concludere con voi alcuna cosa. Resta ora vedere, se gli è il tempo accomodato a colorire questi suoi disegni, E mi ricorda avere udito dire al Cardinale de’ Soderini, che fra le altre laudi che si potevano dare di grande uomo al Papa e al Duca, era questa, che siano conoscitori della occasione, e che la sappino usare benissimo, la quale opinione è approvata dalla esperienza delle cose condotte da loro con la opportunità. E se si avesse a disputare, se gli è ora tempo opportuno a sicuro a stringervi, io direi di nò. Ma considerato che il Duca non può aspettare il partito vinto, per restargli poco di tempo rispetto alla brevità della vita del Pontefice, è necessario che egli usi la prima occasione che se gli offerisce, e che commetta della causa sua buona parte alla fortuna.


Manca il fine.