Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/226

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216 GUERRE GOTTICHE

tutti i Romani e da colmarli di terrore. Laonde è mio intendimento che parte del nostro esercito calchi la via della Liguria e di Milano, ed il resto marci alla volta di Aussimo e del nemico ivi a stanza per eseguirvi quanto disporrà il Nume. Di poi darem mano alle altre guerresche imprese, occupandoci in preferenza di quelle, giusta il parer nostro, più utili ed opportune.» Al ragionamento di Belisario Narsete rispondea: «Non vi avrà chi negar possa, o maestro de’ soldati, l’assoluta verità di tutte le altre cose ora da te proferite; solo non veggo ragione del dividere non più che in due tutto questo esercito cesareo per valertene contro Aussimo e Milano. Tu affè mia conduci pure colà quanti Romani vuoi, nulla a tel vieta. Noi ricupereremo all’imperatore la provincia Emilia, che ne vien detto starsi maggiormente a cuore de’ Gotti, e ci renderemo a Ravenna molesti di guisa, che voi potrete compiere ogni vostro desiderio contro il nemico da quella banda certi di vedergli tolta ogni speranza d’aiuto. Che se preferisci condurci tutti sotto le mura d’Aussimo, temo non i barbari sortiti di Ravenna mettanci in mezzo, e chiusa ogni via all’acquisto della necessaria vittuaglia ne forzino ad incontrare la morte;» così Narsete. Belisario allora trepidante non la divisione del romano esercito accagionasse danno all’imperatore, e tutto andasse, sconvolto l’ordine, sossopra, manifestò ai duci la scritta da Giustiniano Augusto nei termini qui espressi: «Non abbiamo spedito in Italia Narsete prefetto dell’erario coll’incarico di capitanare l’esercito, essendo