Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/184

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che quelli, i quali chiedessero magistrature e governi di provincie, avessero a giurare che non sarebbonsi macchiati di rapine, e non avrebbero nè dato denaro per avere quelle dignità, nè ne avrebbero ricevuto; e quelli che diversamente facessero, sarebbero, secondo l’espressione de’ maggiori, tenuti per sacrileghi. Era appena da un anno quella legge promulgata, che con espresso decreto, lasciati da banda il sacrilegio e la vergogna, non in occulto, ma nel pieno Foro, con somma impudenza vendeva a contanti le dignità; e quelli che le aveano comprate, fatti spergiuri, più infamemente di prima rubavano ad ambe le mani.

Finalmente immaginò anche questo che pur sembra incredibile, che non volle più venali le grandi magistrature di Costantinopoli e de’ municipi; ma vi pose alcuni come presi ad opera, i quali a lui dovevano per certo pattuito stipendio mandare i proventi di quelle cariche. Costoro avuto il loro stipendio con una sfacciataggine difficile a dirsi in tutti i paesi mettevano ogni cosa sossopra, e traevano a lui immensi convogli. Ed avresti veduti codesti magistrati presi ad opera cacciarsi qua e là, e col nome della dignità che rappresentavano, in ogni maniera incrudelire sui provinciali.

Tenne sempre Giustiniano per massima, nè s’ingannò nel suo pensiero, di mettere alla testa delle amministrazioni uomini senza eccezione scelleratissimi. Per lo che, come da prima elevò alle dignità de’ tristi, e la licenza di mal fare ne comprovò la perversità, ebbesi ad aver meraviglia che l’umano ingegno potesse essere di tanta malizia capace. Ma quando poi si vide che i loro